lunedì 23 settembre 2024

Bilancio della Malesia, tra capitani coraggiosi e spiagge da sogno

Scrivo questo post dall'Italia, dal mio letto con i miei gatti. Ho trascorso un giorno a destreggiarmi tra barchette, bus, van e mini van, voli, scali, auto e mancava solo l'asinello di zio Petreddu per completare la mappatura dei trasporti. Per dovere di cronaca vi racconto brevemente gli ultimi due giorni alle Perhentian: sono stati due giorni di relax, mare e bellezza. Quindi nessuna sfiga? Quasi nessuna, perché ci siamo affidate al nostro capitano, a colui che ci ha permesso di uscire indenni dalla tempesta. Si chiama Abel e per me sarà sempre il mio capitano coraggioso che indossa sempre la stessa maglietta. Le immagini non rendono giustizia ai due giorni trascorsi tra barca, spiaggia e mare, complice anche il cielo nuvoloso, ma forse per la prima volta durante questo viaggio, mi sono sentita in buone mani. Durante questi due giorni ho visto spiagge infinite e solitarie, isole disabitate, animaletti simpatici, conchiglie giganti, e altre meno grandi ma altrettanto preziose. E ho visto le tartarughe, quelle grandi, quelle che una delle Smart ha potuto toccare con mano nel vero senso della parola. Ho potuto godere di un mare splendido, quando il sole era generoso ne ho potuto vedere i colori e la magia, ho attraccato e lasciato moli colorati, mi sono grattugiata i piedi su spiagge infinite di coralli, ho visto pesci colorati senza fare snorkeling, e ho visto tanti puntini nel mare che probabilmente erano i pesci a guardare lo sciame di persone con maschera e Go Pro. E poi, stranezza incredibile, ho mangiato in un mercato del cibo, che un po' di riso fa sempre bene, se poi aggiungi del pollo fritto scansateve proprio. Ho anche visto una moschea: da lontano, stagliata all'orizzonte, ma siccome il tour era organizzato dal mio capitano l'abbiamo salutata facendo ciao ciao con la manina; sarebbe stata tappa obbligatoria se l'avesse organizzata il mio coordinatore. Ho anche visitato negozi chic e ordinati, ho giocato per strada una partita che non ho mai finito e ho visto gente fare snorkeling in camicia, ma lui era carino, gentile e sorridente, semplicemente ha dei gusti discutibili sull'abbigliamento. Che noia vero? Solo cose belle in questi due giorni EEEHH NOOOO! Sorpresona! Ho conosciuto da vicino il varano, proprio qua, a pochi metri dal ristorantino chic sulla spiaggia, che indisturbato se ne andava in acqua mentre io cominciavo a sudare freddo. Andiamo in hotel raga? Ma no, c'è il dessert: direttamente dagli anni '80 una banana split con un bananito al posto della banana, e il resto gelato e panna, amen, però era dolce, ho una carenza di zuccheri che potrei uccidere per una meringa dal cuore morbido. Nel frattempo arrivano informazioni sulla pericolosità del varano, ma guarda un po', proprio a bordo dei tavoli c'è un cucciolo di varano zio cantante, io sono andata in hotel, a chiudermi dentro quella camera piena di insetti che spero non siano velenosi. E per giunta sono tornata nello stesso ristorante ricco di varani,  ho mangiato solo patate  mi guardavo intorno con la stessa tranquillità di un naufrago in mezzo ad un branco di piraña. Il varano non si è fatto vedere, in compenso in hotel c'era papà geco: notare le misure del geco proporzionate alla lampada. Io mi sono affidata al gatto,che ormai è fisso sulla poltroncina di fronte alla mia porta, e io spero solo che mangi il geco, il varano e il direttore di questo resort che al mercato mio padre comprò. Ecco, la fauna locale non mi mancherà affatto, così come non mi mancherà il cibo: ho cercato di prendere le cose più plain e con meno salse: nel gruppo di 10 persone, siamo rimaste in 3 ad aver evitato cagotto e vomitini, un primato che ho conquistato duramente visto che sono curiosa e cerca sempre di assaggiare la cucina del luogo, però 15 giorni con il cagotto anche no raga. Non mi mancherà il clima della Malesia, dove piove almeno una volta al giorno e spesso sono rimasta nel terrazzino davanti alla camera aspettando che Noè venisse a prendermi con la sua arca piena di varani e lemuri. Un clima che sei sdraiata a prendere il sole e godere del panorama e dopo due minuti sembra debba venir giù l'uragano Katrina, e allora io provavo con il mio infallibile metodo per allontanare il maltempo: nuvoletta, nuvoletta, vattene via in fretta! Ripetuto per tre volte, mi raccomando. Dai risultati ottenuti mi sembra che in Malesia non abbia funzioniato. Mi mancheranno tutte le persone gentili e ospitali che ho incontrato, soprattutto capitan Abel, lui che ha solcato le onde e ci ha salvato dalle intemperie. Alla fine io e lui parlavamo la stessa lingua: per adeguarmi alla loro cultura ho anche comprato le sigarette locali: tranquilli, fanno schifo. Costano 10 ringo (si chiamano Ringitt ma secondo me ringo suona meglio) ma capitan Abel mi ha detto che se volevo comprarle mi mandava da un suo amico, a Long Beach dove una stecca di 10 pacchetti me la faceva 65 ringo anziché 100. Precisa "solo per te che sei mia amica, non dirlo a nessuno eh!", e continua, only for you special price my friend! Eh niente, fossi rimasta un'altra settimana sarei entrata nei giri più loschi di questo paese, però grazie amico Abel, perché da te ho capito che se ti affidi ad una persona organizzata e competente le sfighe sono ridotte al minimo. È stato il mio primo viaggio di gruppo, e anche questa è stata un'esperienza diversa. Lo rifarei? Forse. Ho capito che la buona riuscita dipende soprattutto da chi organizza il viaggio, dalle sue capacità organizzative e dal riuscire a tenere coeso il gruppo. Detto questo, penso che il nostro gruppo fosse capitanato da Donne maiuscole, esseri speciali in grado di tirarsi fuori dalla sfiga da sole e riuscendo a trarre il meglio anche da una tempesta. Una cosa posso affermarla con certezza: tornerò in Asia ma non prima di due anni, tornerò quando avrò rivisto i miei standard di pulizia, igiene e sicurezza. E quando avrò smaltito la quantità di spezie che ho ingerito in questi 15 giorni. 



sabato 21 settembre 2024

Primo giorno di mare...in tempesta

Ma quanto è bello svegliarsi su queste isole sperdute tra mare e oceano in un "resort" così avvezzo alla presenza turistica da proporre una colazione continentale. L'odore delle spezie usciva dalla sala ristorante con la stessa potenza del geyser Strokkur. A parte il pane in cassetta, di continentale trovo ben poco, mi rifugio nel roti, il pane di questa zona che ha un tantino troppo olio, personalmente lo digerisco tra santo Stefano e l'Epifania però è buono;  la mia colazione è questa: inutile dire che la marmellata era adagiata in un grande piatto e ciascuno prendeva delle generose cucchiaiate, con un rigoroso rispetto delle norme igieniche. Ma in compenso faccio colazione vista mare, e questo mi rimette in pace con il mondo. Mi aspettano 3 giorni di Perhentian, tre giorni di relax, senza avventure estreme e senza stress. Ricordatevi queste parole perché prima di sera fioccheranno poderose bestemmie. E perché non andare dall'altra parte della Kecil island? Perché rimanere qua ci faceva schifo A Long beach pare ci siano dei servizi più alla nostra portata, a differenza di questa parte dove pullula l'opulenza. Ed è mare, faccio una lunga passeggiata sulla spiaggia, non c'è un sole limpido, qualche nuvoletta che fa anche piacere, visto che ci sono 40 gradi e ne percepisco 87. Ecco, ora mi sento in vacanza, anche se è una vacanza diversa: intorno a me non ci sono pedalò e granite ma mezzi di trasporto quantomeno alternativi per una spiaggia; le donne non sono in bikini ma entrano in acqua coperte, e io mi chiedo come facciano a non esplodere dal caldo. Anche i "ristoranti" e chioschetti sulla spiaggia non danno l'idea della vacanza: le cucine nel retro sono tenute come le stalle di mio padre ... errata corrige, mio padre tiene molto meglio le sue stalle e sicuramente non sanno di spezie, il ché le rende più vivibili. Dietro i chioschetti uno potrebbe pensare di fare una passeggiata e addentrarsi nella giungla... ma è meglio di no, perché osare così tanto e rischiare di prendersi tetano e malaria per una volgare e sopravvalutata passeggiata? Mangiamo in un ristorante blasonato e modaiolo, l'unica cosa che riesco a mangiare sono le patate, e finalmente frutta. Il nostro cameriere è alternativo, ci serve i piatti cantando e danzando, si muove al ritmo delle sue inseparabili cuffie. per servirci impiega tipo due ore e mezza, dettagli. Ed esce il sole che rende tutto più saturo di colori, il mare diventa celeste e verde, qualche donna occidentale sfoggia il bikini, altre portano i bambini a fare il bagno. Noi tigri ribelli (io, Sara e le Smart) più un gemello diverso, decidiamo di prendere un taxi boat e andare a esplorare altre spiagge limitrofe, raggiungibili solo via mare: abbiamo tutto il pomeriggio a disposizione! Scegliamo lui: che in principio sembrava uno qualsiasi, più tardi ai rivelerà la nostra salvezza. Arriviamo a PIR beach, la spiaggia è quasi vuota, i colori splendidi e i resti dei coralli rendono tutto più poetico, anche se con un paio di scarpine da scoglio avrei potuto evitare di grattugiarmi i piedi senza perdere la poesia. Dettagli. Era questo il relax di cui avevo bisogno, mi godo tutto, dal granchietto impertinente, alle conchiglie giganti, dalle palme stile Maldive cade un cocco sulla spiaggia... Vabbè, sono un'inguaribile ottimista e spero non mi cadano in testa. E poi, all'improvviso, senza alcuna avvisaglia, come quando ti inchini a raccogliere il sapone a Sodoma, il cielo diventa livido. No dai raga, non può piovere, scherziamo? Abbiamo detto al tipo del taxi boat di venire a prenderci alle 18,00 mica potrà piovere in questi 45 minuti? E invece sì. Lo chiamo con WhatsApp ma lui che è il nostro salvatore è già in viaggio. Scoppia la tempesta, e noi siamo sulla spiaggia, tuoni, fulmini e pioggia a secchiate; arriva una barchetta che riesce a caricare due anime in pena dopo svariati tentativi, capitomboli e bagnetti fuori programma. Ma lui, il nostro capitano, arriva con l'aiutante, in mezzo alla pioggia e alle intemperie, due colpi di timone e via, ci carica come fossimo 5 sacchetti di riso, senza nessuna fatica. E anzi, si diverte, urla "oh mamma mia! Bellissimo! Uuuuhh!!". Insomma, per lui è un giro di giostra, frange i flutti come fosse il burro che la mattina spalmo sul roti. L'aiutante è un po' meno contento, la pioggia fredda e violenta non dev'essere proprio piacevole là in prima fila. Io per non sbagliare comincio a invocare tutti gli dei che ho conosciuto in questo viaggio di relax e spensieratezza, ma soprattutto chiedo scusa al dio di quel tempio dove non ho dato il soldino all'uomo delle scarpe, perché secondo me si è offeso a morte e si sta vendicando. Corre come un matto, fa anche lo scherzone, per farci prendere un infarto, quando a poche centinaia di metri dalla riva tira a tutta birra per poi frenare all'ultimo, in derapata. L'aiutante guarda la riva con un misto di ansia e liberazione, si butta fuori per primo, sia mai che questo folle, riprenda la sua corsa. O' capitano, mio capitano, insegnami la vita e insegnami anche a bestemmiare in lingua malese, sia mai che non mi capiscano, zio porco. Torno in camera con lo stesso brio di mia nonna al 12° parto. Che vacanza rilassante, eh? Non trovate anche voi che questi giorni siano stati fin monotoni? Ma viene la sera, torniamo a Long Beach, che detta così sembra che sia una passeggiata da La Pelosa a La Pelosetta, in realtà bisogna attraversare la giungla su un terreno sconnesso come la Carretera de la muerte in Bolivia. Ci sono i gatti anche in spiaggia, loro sono ovunque, denutriti, miagolanti e teneri. C'è qualcosa di commestibile nel ristorante più costoso della spiaggia: un panino. Ragazzi, un panino, vi rendete conto? Senza spezie, un panino senza spezie. Bisogna dire che qua il sale lo centellinano come fosse caviale Almas, ma fa niente, va bene anche senza sale. Long Beach è una sorta di spiaggia del peccato, c'è un chioschetto che vende alcool: in questo paese a maggioranza musulmana alcool e fumo sono proibiti, nei ristoranti puoi scegliere tra mille succhi e frullati ma non c'è birra o vino. Ma a Long beach, dietro al chioschetto del peccato alcolico, nascosto da casse di cocco e nuvole di drago, qualcuno prepara una gran festa fumosa. Ed è anche una spiaggia trash: ci sono i mangiatori di fuochi, sprizzano scintille da tutti i pori come fosse sudore. Il nostro coordinatore si offre volontario per un numero facile facile: 5 esemplari di maschio sacripante, con una sigaretta in bocca, devono stare fermi e farsi accendere la sigaretta dal giocoliere. Niente di più semplice, una tirata e via! Ma no, noi abbiamo un coordinatore che non ce la può fare e anziché tirare e inspirare, lui ci soffia dentro. Il giocoliere ci prova 3 volte, tutti ridono ma no, non si riesce. Infine il giocoliere prova a dar fuoco non solo alla sigaretta ma anche all'intero coordinatore, il quale spaventato avvicina la sigaretta con la mano. Il numero è finito, il giocoliere sta per dare fuoco all'intera brigata ed io vinco una sigaretta. È ora di rientrare, e quindi attraversa la giungla, schiva un fosso, inciampa in una radice, scivola su una pozzanghera e lancia un porco. Però sulla porta c'è una sorpresa: vuoi non adottare un gattino in questo viaggio? Te ne privi? Però micetto bello, stai fuori dalla camera che sicuramente la giungla è più pulita del mio bagno.