Una mattina mi svegliai e corsi in giardino a fumare una sigaretta. Già,
perché a Londra è proibito fumare in quasi tutte le case. È proibito
fumare anche nei parchi degli ospedali, sotto le pensiline del bus, nei
cortili del college...si può fumare praticamente solo per strada. Vedi tutta questa gente che si butta in strada e smaniosa, accende la
sigaretta come se la strada fosse il luogo ideale per farsi due tiri.
Qua Anfora Nera per fumare il calumet della pace con Custer avrebbe
dovuto schiodarsi dalla capanna e scendere fino a Cazzius Road per
suggellare un armistizio fasullo con una sana pipata. Ergo, uscii in
giardino e accesi la prima sigaretta della giornata. Il prato era cosparso di scatole di sardine vuote, di latte, di birra e altra
spazzatura del coinquilino, che mangia sano quanto un detenuto ad
Alcatraz. C'è da sapere che nel mio quartiere, chi possiede il giardino
(nel retro della casa), ha sempre un contenitore per la spazzatura nel
prato. Si, perché davanti a casa ci sono i bidoni per la differenziata
ma la spazzatura si può mettere solo il giorno che passano a ritirarla.
Ergo, non è che se io mangio una scatoletta di tonno me la devo tenere
in casa finché non passano a ritirare le lattine, ovviamente la metto in
giardino, manco a dirlo, altrimenti dentro casa ci sarebbe un lezzo
paragonabile a quello della Cloaca Maxima. Così la facciata di casa resta pulita, mentre nel giardino dietro casa hai la spazzatura a
quintali. Ma son problemi tuoi, te la tieni. Comunque la spazzatura era
in giro per il prato, come se durante la notte avesse assunto sembianze
umane e se ne fosse andata a spasso per il giardino. Non avevo neanche
finito il pensiero che vedo passare davanti a me...una volpe. Nel mio
giardino. Una volpe. Mentre fumavo. A Londra. Di mattina. Rimango con la
sigaretta a mezz'aria come se avessi visto la regina madre in tanga che
ballava la mazurka con Rocco Siffredi.
La volpe si ferma in mezzo al
giardino e annusa una confezione vuota di ravioli in scatola. Ma siccome
fanno schifo anche a lei, disgustata, si allontana. Poi si accorge di
me. Alza lo sguardo e mi guarda. Io ero impietrita, il fumo nei polmoni
non usciva nonostante avessi la bocca spalancata come Glauco al Parco
di Bomarzo. La volpe fece una faccia come per dire "caxxo ti guardi? Non
hai mai visto una volpe, pirla che non sei altra?" Se avesse potuto mi
avrebbe fatto persino una pernacchia, prima di girarsi e, comodamente,
senza fretta, flemmatica, dirigersi verso la staccionata e saltarla a
piè pari per andare indisturbata nel giardino del vicino che, come ben
si sa, ha l'erba sempre più verde. Il mio vicino poi, essendo pakistano,
ha l'erba più verde e più buona del quartiere, gliela invidiano in
tanti e vengono persino a chiedergliela. Corsi alla staccionata per
cercare la volpe e riuscii a vedere giusto la coda fluffotta e spumosa
che spariva dentro un pertugio. Raccolsi i pensieri e le ciabatte zuppe
di rugiada che avevo perso poco prima, e mi precipitai dentro casa alla
velocità del neutrino, urlando "The foooooooox". Dentro c'era solo il
coinquilino croato che, sornione, leggeva un quotidiano con la stessa
aria interessata di chi contempla un flacone scaduto di Dash liquido. Sollevò
lo sguardo e disse "O". Disse O senza acca, non quell'oohh bello,
aspirato, pieno di sorpresa, ma O, semplicemente. Con lo stesso stupore
che avrebbe avuto se gli avessi detto "Fuori piove". Identico. Allora
insistetti "in The garden, there is a fox, the bin, the rubbish is in the ground, do you understand? Capisci? Volpe, fox, in giardino, tutto
incasinato, understand?". Yes, disse yes. E basta. Odioso. Non mollai la
preda e iniziai da capo ma mi bloccò, dicendo che le volpi a Londra sono
comuni come in Italia gli spaghetti al pomodoro: in ogni casa c'è una
volpe che passa una o più volte al giorno.
Mi raccontò una storia che
ovviamente pensai di aver capito male vista la mia conoscenza
dell'inglisc. Quando arrivò il coinquilino italiano gli riproposi la
situazione, e lui mi confermò il tutto, compresa la storia che pensavo
(speravo) di non aver capito bene. Pare che un giorno la coinquilina che
occupava la mia stanza prima del mio arrivo, fosse uscita per qualche
ora nel tardo pomeriggio, dimenticando la finestra aperta. Al suo
rientro trovò sul suo letto una volpe che mangiava i resti di un piatto
di carta che un tempo conteneva la sua cena. Quel letto adesso era il MIO letto, e in quel giaciglio una sera qualunque, una volpe aveva fatto
orge bucoliche con dei sandwich al formaggio e bacon. Salii su,
chiusi ermeticamente la finestra, smontai il letto e girai il materasso
dall'altro lato, poi infilai il coprimaterasso e due paia di lenzuola,
così da evitare che qualche traccia potesse toccarmi. Che poi magari
sono docili, no? Si, sono timide dicono, sono shy. Dicono. Dopo qualche
giorno presi un quotidiano e vidi una notizia allarmante: una bambina
aveva trovato una volpe nella sua cameretta. L'articolo diceva che era
stata fortunata perché tempo prima un bambino nella stessa situazione
aveva avuto delle lesioni e qualche osso rotto in un incontro
ravvicinato con la volpe. Ogni volta che uscivo in giardino ero
guardinga come se fossi sotto il bersaglio di un cecchino. Uno di quei
giorni uscii e trovai la spazzatura che tappezzava metà giardino. La
volpe era stata lì. Mi voltai di scatto per vedere la finestra della mia
camera...fffiiiuuuuu! Era chiusa! Raccolsi un barattolo di pomodoro
Napolina e lo lancia dentro il cesto con la precisione di Michael Jordan
dai 3 punti. Ma era mattina presto, avevo sonno a quintali, e il tiro
uscì sbilenco come se a tirarlo fosse stato la cieca di Sorrento, e
rimbalzò sul bordo. Al rumore dal cesto venne fuori,
con un balzo degno di Andrew Howe, una bestia scura e pelosa. Io ruotai su me stessa e mi scaraventai
dentro casa che neanche Bolt mi avrebbe potuto inseguire. Lanciai un
urlo in Sol maggiore che tutto il vicinato avrà pensato che qualche
sirena di allarme antiatomico si fosse incappata ad libitum.
Una volta
dentro mi accorsi che la bestia era...un gatto. Un bellissimo gatto, che
mi guardava come dire "ma perché non sei rimasta in Italia se volevi
spaccare i timpani e le pelotas alla gente?". Uscii fuori, mi scusai col
gatto e gli offrii una scatoletta di tonno. Accettò di buon grado e mi
fece le fusa prima di fare la pipì sulla mia pantofola fucsia.
Diventammo amici. Dopo due giorni la spazzatura era sparsa in maniera
così armonica e spiritosa che quasi mi venne voglia di complimentarmi
col gatto. O con la volpe. Neanche avevo messo il piede destro fuori dal
gradino che vedo spuntare dal cesto una coda pelosa. Troppo pelosa per
essere quella di un gatto. Quella cosa pelosa stava frugando fra le
bottiglie di vino da mezza sterlina che comprano i miei coinquilini. Era la
volpe, ne ero certa. Entrai dentro casa con un dietro front repentino che mi fece inciampare nello stipite e cadere di natica mollemente, ma
con un tonfo autorevole, così come spetta a un deretano di un certo
spessore. La bestia al rumore spuntò fuori e si precipitò verso il
tronco dell'albero. Si fermò a metà e mi guardò: ero seduta per terra con un
gran dolore all'osso sacro, la sigaretta spezzata in due fra le
labbra, che cercavo, inutilmente, di rialzarmi. Era uno scoiattolo.
Splendido. Mi guardava con aria pietosa, quasi volesse dire: ma tu a 41
anni ancora giochi a fare le capriole di culo? Non lo vedi che cadi,
pirla?! Forse mi fece una pernacchia prima di scappare. Lo corteggiai
per giorni con le noci. Le prendeva e scappava prima che riuscissi a
toccarlo e a farle una foto. Dopo aver speso mezzo stipendio in noci e
semini, un giorno mi fece la grazia di fermarsi a debita distanza,
sgranocchiando una noce per farsi fare una foto. Ma uscì sfuocata, però ho la foto del mio amico peloso. Mi diede il contentino,
lo squirrel infame. Diventammo amici. Un giorno lascio una scatoletta
al gatto, il giorno dopo una noce per lo scoiattolo. Alla volpe niente.
Però
ogni giorno raccolgo l'immondizia da ogni angolo, e non so chi sia stato
dei 3 animaletti. Ho persino scoperto che è inutile mettere il coperchio sul cesto: dopo aver comprato 17 coperchi i coinquilini si sono arresi perchè, oltre a raccogliere l'immondizia, dovevano anche raccogliere i brandelli del coperchio fatto a pezzi dalla volpe. Ieri sera mentre deambulavo in direzione letto per
assumere posizione marmotta, sento un peso sotto la pantofola. Pensai: non
posso aver pestato una cacca dentro casa visto che il mio coinquipirla è
fuori a cena, e poi non è così sottile come questa cosa che...cos'è??!
Colla per topi??? Eeeeehhhhh?? In casa mia c'è un cartone con la colla
per topi?? Perché?? Why?? Chiesi al coinquilino croato. Con l'entusiasmo
e la partecipazione di chi toglie i pelucchi al Mocio, mi disse che era
normale avere topi in casa visto che la casa era quasi tutta di legno,
pavimento compreso. Ma che vor di'?!? Che dentro un seggiolone della
Foppapedretti ci sono i topi perché è di legno?? No, i topi no, non
ce la posso fare. Per la volpe ormai mi sono rassegnata a tenere la
finestra chiusa in maniera imperitura. Il gatto e lo scoiattolo, vabbè,
frantumano le gonadi, ché ogni giorno devi raccogliere monnezza anche dal
filo per stendere, però siamo amici. Ma i topi non ce la posso fare.
Ieri ho sentito Gabriele, è in Tanzania per lavoro: consulenza aziendale
import-export, 6 mesi di Africa. Ha riso per 3 ore dopo la storia dei
topi. Mi ha detto: ma neanche qua in Africa ho i topi in casa, dove sei
andata a vivere?!
A Londra o in qualche bidonville?! Ecco, tutto ciò mi
ha fatto riflettere. E pensavo: la Tanzania...perché no? Why Not? Un
posto dove non ci sono topi che circolano impunemente dentro casa...che
posto civile! E il lavoro? Beh, potrei raddrizzare banane e lanciare un nuovo
business: le banane dritte stanno meglio in frigo, rimangono più
ordinate, sono più digeribili e si prestano a molteplici usi.
Amo la
Tanzania.