lunedì 26 luglio 2021

Del distacco da due madri

Il giorno della partenza è arrivato. Stamane non sono andata al mare, sono stata a casa con mia madre, dove lei e i suoi occhi chiari mi hanno riempito di quelle carezze che tanto mi mancano oltre questo mare, che è libertà e prigione nello stesso tempo. E lei che vorrebbe darmi tutto ciò che ha, come se le sue mani non fossero sufficienti a riempire ciò che manca. E allora le faccio notare che ho una smart, ma vuoi non portarti via il formaggio, il vino (sono astemia, ma chissene per lei, lo offri agli ospiti), e le cose dell'orto, che fuori non sai mai da dove arrivano, ti ho fatto i malloreddus, li ho fatti io, visto che buono il sugo? Cosa ti porti? Prendi qualcosa per il viaggio, cosa mangi in nave, stai attenta con quella macchina, è una scatoletta, non ci sta niente dentro, portati le piante grasse, prendi un pezzo, lo metti sulla terra e crescono i figli. E chiama quando arrivi, non correre in macchina, fai attenzione, e quando ritorni a casa? E tu vai via facendo il giullare, con la carta vetrata nella gola, perché vuoi risparmiarle le lacrime di un distacco. E l'abbracci, forte e stretta, quella donna che è diventata più minuta di me con l'età, ma ha le mani forti e il cuore enorme, tanto da contenere tutta la sofferenza di una madre che seppellisce il figlio e vede quella piccola discole ribelle andarsene oltre il mare, a cercare una libertà quanto mai effimera e impalpabile. E lei che rimane sulla porta finché la macchina non scompare, che agita la mano e ti urla ancora "stai attenta" e tu che vorresti esplodere in un pianto disperato ma invece rispondi "attenta a cosa? Ai dinosauri?!". E lascio questo paese e penso a come io sia cresciuta, fra case disarmoniche ma resistenti, e fiori che sbocciano anche senza terra e cura. E poi vai a salutare Madre, sua maestà Tavolara, che è bella, là in fondo, anche con la foschia e col fumo dei roghi che distruggono questa terra avara e splendida. E ti concedi il lusso di confidarle un ultimo segreto, affidandole ancora una volta parole che non saprai mai dire ad altri. E c'è il tempo da dedicare a qualche persona coraggiosa che ancora regala sorrisi, e con un'amica che mi abbraccia, e fra le risate ci scambiamo segreti e peccati. E vado al porto, e la saluto sempre con le lacrime quest'isola che mi ha dato e tolto tanto, che me la porto sotto pelle e non mi lascia mai, e ogni volta sento che un pezzo di carne si stacca dal mio corpo, qualcosa che si lacera e che non so lenire. E forse piove, oppure è il mio pianto che affido come sempre a questo profilo maestoso che sa di Madre. 

domenica 25 luglio 2021

La pancia della Sardegna

Oggi la giornata non era delle migliori. Il cielo cupo, cappa di umidità, vento di scirocco e nell'aria la cenere degli incendi di ieri e oggi. Ed io non ho parole per questa tragedia degli incendi, dei danni e della disperazione che portano, davvero non trovo altro che rabbia e sofferenza di fronte a questo. E non posso andare al mare con questo cielo livido, allora vado all'interno, nella pancia della Sardegna, perché non è solo perimetro quest'isola. Ha un cuore meraviglioso e dipinto, e allora io vado a immergermi nei colori di Orgosolo. Questa città mi dà sempre delle emozioni, su quei muri i disegni della storia della Sardegna, dell'Italia, la musica, la rivoluzione, la ribellione, le tragedie, le verità. Ed io non ho altre parole per descrivere questo luogo, semplicemente è necessario andare oltre questi dipinti e immaginare la storia che è passata su questi muri. E a me non resta altro da fare che riflettere su queste radici che mi porto dentro, a quanto bene e a quanto male mi abbiano fatto, ma di certo posso dire che mi hanno insegnato molto. Me lo porto dietro questo pezzo di Sardegna, come un monito, come un insegnamento che non devo mai scordare. Ché siamo fatti anche di ciò che abbiamo appreso, del suono della "limba" ruvida e poetica di mio nonno, delle feste di paese, dei canti e dei balli, e anche dei libri che abbiamo scritto sulle pagine di questa città. 

sabato 24 luglio 2021

Madre e maestà

Oggi voglio raccontarvi dell'isola di Tavolara. Questa montagna maestosa che si staglia in mezzo al mare è il posto dove io sto meglio al mondo. Il suo profilo mi ha accompagnato da quando sono nata, per me rappresenta una costante, una certezza. A questa montagna io devo molto: sono tantissime le volte in cui mi sono seduta sulle spiagge della Gallura e guardavo Tavolara, confidandole i miei segreti, le mie fragilità, i miei successi e mostrandole senza pudore le mie cicatrici. Per me è Madre, il suo volto io lo riconosco da distanza siderale, di lei conosco ogni angolo, ogni stradina, ogni pezzo di spiaggia, proprio come succede con una madre. Oggi sono andata a trovarla, e vederla avvicinarsi per me significa che sono a casa.Straordinariamente oggi c'era pochissima gente, il che è una notizia splendida. Appena arrivata sono scappata anche da quella poca gente, lontano, verso la fine della spiaggia, per poi salire sulle pietre, fra lentisco, cisto ed elicriso, ma anche finestre e cardi che hanno intarsiato le mie gambette con dei simpatici graffi. E cammini fino a Spalmatore di Terra, dove una lingua di sabbia unisce due pezzi di isola, come un ponte d'acqua schiacciato fra due correnti contrapposte che nonostante tutto si abbracciano e si fondono. Percorro tutto il perimetro di Spalmatore di Terra, e Tavolara da qua sembra un profilo lontano ma nonostante tutto mi sento stretta fra le sue braccia. Ritornare sulla spiaggia, ai piedi di questo gigante buono, mi fa sentire in pace, e mi godo questo stato d'animo del  quale avevo estremo bisogno. Faccio una visita al cimitero, vedo le tombe dei reali, sorrido del passato di quest'isola, e mi allontano. Da tutto e da tutti. Mi perdo in questa terra che custodisce nella sua pancia tutto il bene e il male che ho dentro, e trovo le parole che aspettavo, il sorriso che cercavo e un sasso liscio e levigato. E sembra un cuore, così pulito e senza imperfezioni, lo stringo forte, e penso che è così diverso dal mio che lo lascio lì, affinché qualcuno possa averne cura, meglio di come io riuscirò mai a fare. E ti lascio Madre, col mio groppo in gola e qualcosa che sanguina, ma tu lo sai, sono un giullare, e tornerò da te con un sorriso, un fiore dietro l'orecchio, e un ricamo in più sulla pelle. 

venerdì 23 luglio 2021

Cuori, sassi e carta velina

Come ogni anno mi concedo il lusso di fare un tour in gommone nel golfo di Orosei, l'angolo più bello della Sardegna a mio avviso. Quest'anno abbiamo noleggiato un gommone ad uso esclusivo, sempre con Escursioni Cala Gonone, che si dimostrano una garanzia. Con noi anche una collega e la sua famiglia. Non fatelo mai, MAI, oppure fatelo solo con una collega che dopo potete strozzare senza pietà. In questo caso la collega arriva con un'ora di ritardo, dopo trentordici chiamate, 8385 messaggi e infine sono andati a recuperarla con la navetta. Ancora una volta la salvezza di questa giornata è stato un bambino, il figlio della collega, che si è dimostrato più simpatico e affidabile della madre. La prima spiaggia dove ci fermiamo è Cala Luna, perché mi piace fare le cose al contrario, perciò mi fermo quando le altre imbarcazioni sono in altre spiagge.È questo l'unico modo per godere di questa spiaggia, e dentro le grotte ancora non c'è nessuno e io posso entrare e nascondermi dai fantasmi. Quest'anno vivo questo viaggio con estrema malinconia e non era previsto. Succede alle persone intelligenti come me, che cercano di coprire delle voragini con la carta velina, pertanto basta un alito di vento per spazzare via velina e certezze. Resta il fatto che io sono un pagliaccio, e ai pagliacci basta uno strato di trucco, una maschera ben stretta per nascondere la pelle deturpata. E quindi appena arriva la fiumana di gente, via, si va altrove, con in tasca un ciuffo di tristezza e sulla bocca un sorriso a 89 denti che manco un armadillo gigante. La parte divertente doveva essere il gommone, ma non avevo fatto i conti con i passeggeri. La mia collega è rinomata per la sua estrema logorrea, la nostra salvezza sono state le riunioni da remoto: metti mute e quando vedi che le labbra non si muovono, allora riaccendi l'audio. Trudy invece non ha bisogno di presentazioni: parla come se tutto lo scibile umano dovesse essere verbalizzato hic et nunc. La combo di queste due risulta essere devastante per me che avevo solo voglia di un angolo di pace. L'idea geniale per evitare di essere tramortito dalla logorrea incandescente, l'ha avuta il bambino: si è piazzato a prua del gommone, ha impugnato la cima e sognava di pilotare il natante. Genio indiscusso. Io l'ho seguito a ruota e cercavo di guidare la mia vita, ma si sa, io non so guidare bene e alla fine l'abbiamo conclusa in caciara, saltando e urlando quando arrivavano le onde. Facciamo 3 soste: piscine di Venere, dove l'acqua sembra un pannello Pantone, e le sbavature sono armoniche; Cala dei gabbiani, dove di gabbiani neanche l'ombra ma tu te ne freghi perché hai solo il desiderio che l'acqua lavi via tutto quello che si è sedimentato sulla tua pelle. E infine Cala Mariolu che non ha bisogno di presentazioni e dove io mi perdo dietro le illusioni e le speranze,trovando il tempo di costruire un nuraghe col bambino. Nuraghe che poi è stato schiacciato dal passo felpato della collega, ma tant'è. E arriva l'ora di partire, ed io forse non me ne accorgo che tutti vanno via, perché mi fermo ad aspettare chi doveva esserci e non c'è, a trovare parole che non arrivano e a cercare sassi e persone che scivolano in maniera maldestra dalle mie dita. E torno a casa, tenendo in mano questo cuore sbilenco che ha una grossa crepa e non guarisce, e in qualche maniera dovrò pur cucirlo, e inseguendo il volo di un bambino che non ha paura di buttarsi nel vuoto. 

giovedì 22 luglio 2021

Di mani, di Casa e malinconia

Andare a Casa, quella dove sono nata, dove ho le mie radici, per me è fonte di sentimenti contrastanti, e l'impatto è sempre malinconico. Stavolta la tristezza è arrivata in anticipo: ieri notte mi ha colto di sorpresa, come uno schiaffo in pieno viso, di quelli che ti rimane il segno finché qualcuno non si fermerà a metterci sopra una carezza. Entrare in Casa per me significa batticuore, groppo in gola, brividi e infine gli occhi chiari di mia mamma. Ed io sono quella che nasconde la polvere sotto il tappeto, perciò dopo una notte insonne ho infilato una maglietta cazzara e gli occhiali da sole, perché gli occhi rossi non stavano bene con la scritta. Ed è mia madre che mi accoglie col suo sorriso disarmante, nonostante il dolore abbia consumato le sue ossa e piegata in due. E in quell'abbraccio, stretto e abbandonato, c'è quel "bentornata, finalmente!" che mi graffia la pelle e la gola, fino a sanguinare. Ed io avrei voluto piangere e vomitare tutto il veleno di cose non dette e sbagliate, ma sono il clown, piccolo saltimbanco che non conosce sofferenza, e sorrido, e faccio il mio show così come mi hanno insegnato. E poi ritrovarmi da sola con lei, in cucina, e quelle parole appena sussurrate e che non esigevano una risposta "perché stai male?"...che oggi andiamo all'orto, ci sono le cose da raccogliere, perché per avere qualcosa devi faticare, devi curare terra e persone, devi seminare e avere pazienza che arrivino i frutti, e non vedi che bisogna aspettare che arrivi il sole o l'inverno affinché le cose siano mature? Perché c'è una stagione per ogni cosa, e se questo è il tempo di rovi e siccità, domani arriverà qualcosa che ti appaga, anche se hai le gambe corte e le ginocchia sbucciate, anche se sei nata sbagliata e ribelle, troverai il tuo posto per crescere e fiorire, anche se sei senza radici come le piante che ho messo in cortile, che ora lo sai che non c'è erba ed è tutto fieno secco, qua non c'è il mare e lo puoi solo intuire guardando la punta di Tavolara, oltre questa coltre di lecci e fino spinato. E da quanto non mangi i fiori di zucca? Te li ho preparati, e come la vuoi la carne? Dimmelo come la vuoi. E domani cosa ti porti al mare? Perché sei così magra? Quella tua foto l'ho appesa al rovescio, che sbadata, non ci vedo più niente, mi sono confusa.Il tuo libro è sempre là, fra i banditi sardi e Oscar Wilde, non lo tocca nessuno, vedi? E io avrei voluto solo crollare, poggiare la testa sulle sue ginocchia malconcie, piangere tutte le lacrime che mi sono tenuta dentro e farmi accarezzare dalle sue mani ruvide fino a scorticare e cancellare le ferite di una vita vissuta al limite. Ma sono il pagliaccio, quella che ti fa ridere, mamma, e sono qua per regalarti la cosa migliore che ho: le mie mani da stringere, quelle che tu mi hai insegnato ad usare, quelle che tu usi per il tuo uncinetto,nel maldestro tentativo di coprire con un ricamo tutta la sporcizia che ci portiamo dentro come fosse un tesoro da custodire. E tu mamma, non cambiare mai, leggimi ancora negli occhi se puoi, e dammi quelle mani che è l'unica cosa per la quale vale la pena vivere. 

mercoledì 21 luglio 2021

L'epoca del '72

Stamane ho lasciato Gigi del B&B La chicca di Francesca, lui e il suo sorriso gentile, le sue storie incredibili e la sua gentilezza di uomo d'altri tempi. Oggi il programma prevedeva un tour in barca nell'arcipelago de La Maddalena. La scelta è ricaduta sul Ciliegio 2: sul sito diceva "stupenda imbarcazione d'epoca del 1972". Ora, parliamone ragazzi: io sono nata nel 1972, volete forse dirmi che sono "d'epoca"?? Ci accolgono Roberto, lo skipper bravo e gentile, e Nicole: una bellissima ragazza di 19 anni, con un sorriso che ti mette in pace col mondo e un pacchetto di sogni custoditi in fondo alle tasche. Sono belli questi ragazzi che vivono di mare, sempre scalzi a danzare sulle onde. E sono giovani, e non è facile inseguire i propri sogni in questo periodo così assurdo. A bordo trovo una bellissima famiglia toscana: saremo compagni di viaggio e li scopro lentamente, davanti ad un aperitivo a bordo della barca d'epoca mia coetanea (non perdonerò mai questo affronto!). Hanno una bambina di 12 anni: è bellissima e ha in mano un libro e questo la rende meravigliosa, con quella sua età così difficile lei rimaneva lì, aggrappata alle pagine a sognare chissà quale mondo migliore. Oggi preferisco lasciare le parole e affidarmi alle immagini. Andiamo alle piscine di Budelli, e non ho molto da dire se non che faccio il bagno e cerco la pace. Visitiamo Cala Soraya, e per arrivarci si può scegliere di nuotare oppure Roberto può portarsi a riva col tender. Inutile dire che mi faccio portare col tender come i vecchietti, che io ok che ho l'aggeggio della Decathlon che non mi fa annegare, ma preferisco non rischiare, che ho ancora qualche sogno di inseguire ma non in alto mare. Ci spostiamo poi verso Cala Corsara e lì finisce la nostra giornata. Questa giornata fatta di acqua e di persone belle, ed io torno a casa portandomi dietro la voglia di vivere e sognare di una ragazza che sa di mare e speranze. Mi porto dentro una bambina coraggiosa che legge, che sulle sue spalle poggia il futuro del mondo, perché sono queste bambine che avranno il compito di rendere queste strade migliori di come noi le abbiamo ridotte. E torno a casa così, facendomi avvolgere dal mare, sperando che l'acqua lavi via il dolore e che questo vento che mi accarezza la pelle riesca a levigare le ferite. 

martedì 20 luglio 2021

Una giornata lenta

Stamane lascio l'Isola Rossa alle spalle e vado verso Santa Teresa di Gallura. Ma la strada per arrivarci è lunga e piena di tentazioni ed io voglio esplorare questo pezzo di Sardegna, un mix perfetto fra promontori aspri e insenature da cartolina. Andiamo a Li Cossi, scordandoci però che Mauro ha un ginocchio malconcio e forse non può arrampicarsi come una capretta tibetana sulle rocce e sulle scalette. Il tempo di una foto, di trasalire alla vista delle rocce da scalare e ripartiamo verso un posto più agevole, adatto ai vecchietti (che per fortuna non leggono altrimenti mi avrebbero buttato in mare con una pietra al collo). Niente di meglio che la spiaggia di Vignola, giusto due gradini per scendere in spiaggia, acqua splendida, poca gente ed io che mi tuffo...sull'asciugamano a perdermi nei sogni e nei desideri. Faccio anche il bagnetto che bisognerà anche bagnarsi ogni tanto, no?! È un posto tranquillo, ci sono le famiglie, molto spazio, niente schiamazzi e turismo di massa. Un angolo da conservare da qualche parte in fondo al cuore. E poi via, direzione Santa Teresa di Gallura. Ad accogliermi c'è Gigi, un "continentale" da quarant'anni in Sardegna, innamorato della Sardegna (e anche delle donne sarde, buongustaio!) che risulta essere più sardo del nuraghe di Santu Antine. Mi percula tantissimo, ha una figlia della mia età, mi definisce terribile e mi accoglie come un padre sa fare con una figlia reietta. Gigi costruisce librerie, custodisce libri vecchi e la collezione di fumetti della figlia. E solo per questo merita il mio affetto incondizionato. Poi si decide di portare Trudy e Mauro a...la Valle della luna. Che è un posticino adatto a due pensionati, uno dei quali col ginocchio in spalla. Quei sassi, consumati dal mare, dal vento e dalla comunità hippy che ha occupato questo posto impervio negli anni 70, mi infondono sicurezza, qualcosa di solido a cui poggiarmi e dove nascondere le mie fragilità. Ma anche per prendere una culata sulle rocce che viste così sembrano morbide ma no, non lo sono. Ma tanto non mi ha visto nessuno, e le cose che non si vedono non esistono: gli altri sono rimasti indietro ma io che son cresciuta con le capre di tziu Pedru saltello allegramente finché la forza di gravità non decide che è troppo anche per me. Tornando indietro mi fermo per guardare tutto dall'alto. E da lì posso vedere quanto questa terra sia ricca e generosa, ed io mi sento fortunata in questa giornata lenta che mi lascia dentro una carezza e il desiderio di andare oltre.