Apprezza la lentezza, viviti lo stallo
del nostro fiume in piena, e cerca di perdere questa tua voglia di
scappare: non hai niente da aver paura, sono sempre io, senza pelle e
disarmata. E abbracciami forte, vivimi in quel nostro stringerci, che
ogni volta sa di lacrime effimere che si trasformano in piacere che
esplode senza pudore. E non sputarmi in faccia le tue verità che
sanno di ergastolo sentenziale, il tuo poco amore da dare, le tue
scarne parole da dire: so già tutto, perché conosco ogni piega del
tuo dolore e del tuo piacere. Abbiamo attraversato deserti e
orizzonti che ci sembravano infiniti, abbiamo vissuto la fatica e
anche la gioia di arrivare alla meta...e tutte queste sterpaglie che
incontriamo sono solo rami da raccogliere e dei quali farne un fuoco
in una qualsiasi notte di marzo. E non vedere tutto pieno di
ostacoli: sono rami, sono qualcosa che puoi schivare, sono carichi
pesanti da prendere in braccio e cullare. E vaffanculo questo tuo
eterno voler stare per forza bene, questo tuo ostinato voler bere per
forza solo il nettare dolce e frizzante della vita: l'esistenza non è
solo spumante da sorseggiare in allegria, è anche fiele e veleno, e
devi ingoiarlo tutto affinché si possa assaporare anche la fragilità
del destino. E lo so che non tolleri le mie lacrime, perché non ti
appartengono e ti innervosiscono, quasi ti sentissi in dovere di
dovermi consolare. Invece dovresti tacere e nutrirti anche di quei
miei momenti, dove il destino mi esplode in faccia tutta la sua
caducità, ed io mi sento friabile come un pezzo di tufo scagliato
sul cemento armato. Prendi tutto di me, il mio bene e il mio male. Io
da te prendo ciò che riesci a darmi: il paradiso di un abbraccio in
aeroporto, l'inferno di un marciapiede vuoto visto da un treno che
parte. Ma non metto in pratica il mio diploma da ragioniera, non
misuro i sentimenti perché in amore ciascuno mette sul piatto ciò
che ha da dare, e da quel vassoio si deve mangiare in due, senza
badare a chi appartiene quel cibo: quando è poggiato su quel piatto
quel cibo è di entrambi e ci si deve sfamare. Prendo il tuo
elastico, questo filo che ogni volta tiri fino a spezzarmi l'anima,
ti allontani e mi spingi nel collo di una bottiglia rotta dalla quale
non riesco a uscirne. E poi torni, lasci andare quell'elastico, ne
hai bisogno, e torni vicino quasi a schiantarti sul mio corpo, fino a
unirti a me in un'ora che è stasi ed estasi nello stesso lunghissimo
minuto. E allora fermati un attimo in più su questo letto, e togliti
quei vestiti di dosso, ché la bellezza è nuda e spoglia, non ha
bisogno di fondotinta e mascara. Fermati e goditi la lentezza di una
notte qualsiasi, avrai poi tempo di soffocare la lontananza,
nascondendo tutta la polvere sotto il tuo tappetto buono, che sa di
profumo e sudore. Ma godi di questi attimi che il destino ti sta
regalando, perché sono il tuo più bel regalo, sono quella che non
avresti mai incontrato e sono quella che non vorresti mai perdere. E
ogni volta te ne vai tenendo sotto braccio le mie labbra e il mio
sesso, la mia amicizia e la mia complicità, e a me rimane la
sensazione superba di essere viva, del tuo odore che non va via con
la doccia e col bagno schiuma di Tesori d'Oriente, rimani sotto cute,
come delle schegge di bellezza che quando le sfioro mi fanno sentire
Donna. E mi piace non chiederti nulla, mi piace lasciare al destino
la sorpresa di averti e di viverti, di concedermi scampoli di tempo
dove mi specchio nel tuo sorriso disarmante. Vivi tutto con lentezza
tesoro, fai scivolare il tempo come una goccia di sapone su un vetro,
che si incolla e lascia dietro se la schiuma di un sentiero distorto
ma indelebile. E non parlare, devi tacere e farmi tacere: le parole
non servono quando puoi sigillare tutto col nodo scorsoio di un
abbraccio, che ha bisogno di silenzio e pelle, senza frastuono. E non
ti porterà a nulla buttare i tuoi pensieri al domani, a quella tua
ostinata insoddisfazione del presente e sbirciare sempre a quello che
c'è oltre. Perché oltre c'è la vita, e va vissuta con la flemma
del ragno, trama dopo trama, senza essere precipitosi, perché quella
tela si sbriciola se ci passi sopra col tuo carro armato impulsivo. E
guardala in faccia questa vita: è l'unica bellezza che rimane,
perché sa sorprenderti ogni giorno, anche con uno schiaffo che ti
squarcia, ma è la vita e bisogna renderla straordinaria...che
importa se tutto dura come un lancio di coriandoli? Fermati a godere
di quella pioggia colorata che ti precipita sul viso, seguine la
traiettoria di quella carta variopinta che ondeggia in una danza
sinuosa e disarticolata, chiudi gli occhi e pesca dalla tasca
un'altra manciata di coriandoli: hai sempre un altro lancio da fare,
sarà più bello perché non sarà l'ultimo. E mi piace vederti
arrivare, col tuo autunno claudicante dentro, che ti ostini a voler
mascherare di primavera, poggiare le tue labbra sulla mia vita,
appendere la tua biancheria al vento di questa stanza, buttare le
parole e le risate nel ripostiglio buono del risveglio. Poi guardare
i giorni e i minuti scivolare via dalla clessidra dell'esistenza che
inesorabilmente ti porta via, in una distanza che sa di sale e
telefonate, di rancido e “Ti amo” su whatsapp, di bile e
videochiamate...e tutto si spegne in una lontananza palpabile, che
mortifica il desiderio di appartenenza, divora e svilisce la
condivisione di una reale quotidianità. Perciò prenditi la giusta
lentezza la prossima volta che tornerai da me, sistema bene
nell'armadio quel foulard che ti strangola, non metterlo già in
valigia perché sai che dovrai ripartire, abbracciami piano, come se
avessimo tutta l'esistenza ancora da vivere, senza fretta baciami e
facciamo l'amore, godi della lentezza di una giornata spesa sotto le
lenzuola o di una passeggiata fra le bancarelle di un mercato
anonimo, di una colazione bruciata o di un panorama da abbracciare
con un grandangolo. L'amore è una pianta che cresce piano, deve
avere il suo tempo per attecchire, dai il tempo alle radici di essere
forti, coltivalo tutti i giorni senza avere la fretta di coglierne i
fiori, perché quelli verranno dopo che avremo perso tutte le foglie
e scopriremo di non voler perderci mai. Goditi la lentezza di una
giornata al mare, perché domani non ci sarò più, e non potrai più
darmi quell'abbraccio che hai negato. Perché domani sarò io ad
andare via e non avrò più lacrime mentre chiudo la porta dietro te
e torno a raggomitolarmi nel letto come un gatto. Ti lascerò
l'illusione che sono forte e che non voglio più viverti, con quel
mio sorriso da paralisi sulle labbra. Chiuderò la porta a chiave,
lentamente, con la consapevolezza che in quel lunghissimo minuto avrò
perduto tutta la mia bellezza, perché come sempre, te la darò e
lascerò che tu la porti via, per farti compagnia mentre vivi la tua
vita di straordinaria semplicità. E ti sembrerà tutto molto crudo e
violento, invece sarà solo l'ultimo, disperato e ostinato gesto
d'amore, perché nel perderti mi regalerò un vuoto che non vorrò
più riempire, che non lascerà spazio per nient'altro. A volte
perdersi vuol dire regalarsi la certezza di appartenersi per sempre.
E il mio unico sorriso sarà quello di averti liberato dalla morsa di
questo mio ostinato amore. Certi amori vanno vissuti con la lentezza
dei sogni, e solo lì ci potremo ritrovare. Con lentezza. Perché io
non ho fretta di amare e di vivere. La lentezza è saper bere un
calice di destino a piccoli sorsi, affinché possa non finire mai.