domenica 26 febbraio 2023

Ritorno al passato

Mi sono concessa un weekend a Londra: ho vissuto in questa città per un anno e devo molto alla perfida Albione. Era da tanto che non tornavo, da prima del Covid, da poco prima della Brexit. È strano tornare ed aver bisogno del passaporto quando prima questa era casa mia. Vi racconto la mia giornata di ieri: si sa, a casa mia le partenze non sono mai facili e raggiungere l'aeroporto più Instagrammabile d'Italia ha richiesto una levataccia nel cuore della notte. Ma infine si parte e no, non è rassicurante vedere la cabina del pilota, tant'è! Da Stansted ho preso il treno express: comodo, veloce e costoso ma i viaggi vicino al finestrino non hanno prezzo per chi vive di sogni. E infine Welcome to London baby! Definisco Londra una grande e bellissima puttana, e per me questa parola non ha accezione negativa: intendo una donna bellissima, che sa ammalarti, catturarti corpo e anima, donarti emozioni forti e vibranti. Cammino fino a Brick Lane, un quartiere dove ho lasciato un pezzo di cuore e qualcos'altro. Non voglio tediarvi con la storia di questo quartiere, basta cercare su Google, per me è un quartiere straordinario dove le strade hanno due lingue, hanno nomi bellissimi (Hopetown, città della speranza) e i muri sono pareti di un museo sempre aperto. Sono muri di rivolta, rabbia e partecipazione: Putin non ne esce benissimo ma neanche l'Italia devo dire. Però l'Italia è sempre presente, anche senza maiuscola, anche con un maschile un po' forzato...dettagli! È ora di fare il check in, raggiungo il mio hotel con una tappa in una libreria queer, la trovo straordinaria. Ho scelto un hotel vicino a Liverpool Street per la comodità della stazione vicina. Non sapevo che il mio hotel fosse un simbolo di resistenza: un piccolo e delizioso neo in mezzo a giganti di vetro. Non sapevo fosse di fronte al cetriolino, the gherkin, questo grattacielo che a me ricorda un sex toy vintage. Esco subito per una passeggiata a Clerkenwell, la little Italy londinese, dove essere terroni è segno di qualità. Ho vissuto Londra nel quotidiano e il turismo di massa mi infastidiva, era un intralcio nelle mie corse per il lavoro. Ieri ho voluto ripercorrermi, tornare indietro al 2013/2014 quando ogni giorno prendevo la tube e il mio inglese era quasi fluently. Perché? Perché ho il terrore dell'oblio, ho la costante paura di perdere la memoria, di non ricordare ciò che ho fatto e le strade che ho percorso. È per questo che torno spesso dove ho vissuto e fotografo tutto ciò che vedo: non voglio perdermi. È per questo che ieri sono voluta andare a mangiare da Sofra, dove ho incontrato Ozer (guardate il servizio che lo riguarda su Discovery Channel). E passare per Covent Garden, dove tutti vanno verso il tramontoho attraversato Piccadilly e il suo eterno caos, per poi entrare da Fortum and Mason, dove è nata la mia passione per il tea, quello vero, in foglie, antico e pulito.E in tutto questo mi sono messa alla prova, perché ho paura di perdere le mie capacità, di non saper più fare le cose che faccio abitualmente. E allora sì, so ancora districarmi nella tube, tra colori e tunnel infiniti, e so ancora prenderla al volo senza sbagliare "side" perché ancora ricordo i capolinea. E so sorprendermi che il giorno del mio compleanno, il 19 marzo, qua sia la festa della mamma anziché del papà. E mi meravigliano sempre questi inglesi che se ne fregano dell'apparenza, quel loro vestirsi come al primo carnevale, perché alcuni tengono alla privacy quanto io tengo ai peli superflui, e si vestono come nelle fiabe per essere fotografati, come ad un Lucca comics qualunque. E non mi abituerò mai alla temperatura corporea di questi britannici: ieri mattina c'erano 4 gradi, anche il mio piloro era in stato avanzato di congelamento, ma qualcuno sfilava beatamente con i pantaloncini corti. Quando il sole tramontava i 4 gradi erano un dolce e caldo ricordo, ho comprato persino una cuffia di lana, io che non sopporto i cappelli (ho sempre la testa calda. In tutti i sensi) perché anche le sinapsi avevano cristalli di ghiaccio negli interstizi, e avrei voluto comprare anche una pelle di pecora per avvolgermi, ma lei no, bella come un fiore passeggiava in canottiera come un luglio qualunque a Cala Brandinchi. E poi ho mangiato in Turchia ieri sera, la cucina di Ozer mi porta lontano. Sono tornata verso il cetriolino, alla sera sembrava una serie disordinata di triangoli. E in quella stanza ieri mi sono resa conto che questa città non è cambiata: è stata la mia porta verso la libertà. Qua mi sono innamorata del Mind the gap e delle Krispy Kreme, delle periferie e dello stare a sinistra (in tutti sensi), E delle donne che camminano fiere, incuranti del freddo e degli amori finiti. E ieri Londra mi ha ricordato quanto è bello amare. 

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