venerdì 12 dicembre 2014

I segreti di una non-twitstar

Ultimamente sono più le volte che mi chiedono "Ma come fai ad avere 30.000 follower?" piuttosto che "Me la dai?", a prova della netta inversione di tendenza del maschio italico. Rispondo sempre "Non lo so" perché è la verità. Non so perché ho 30.000 follower, ma so di non meritarli: non scrivo perle di saggezza perché so che andrebbero in pasto ai porci, non scrivo cose divertenti o interessanti e neanche posso dire di spenderci tanto tempo su Twitter. Posso però spiegare le varie tappe che mi hanno portato ad avere 30.000 followers, che non sono pochi per una che non è una soubrette, un'intellettuale o un'opinion leader (che non so neanche cosa vuol dire). Mi sono iscritta a Twitter tanti anni fa, avevo come pic la mia foto e il mio nick era il mio nome e cognome. Scrivevo di me, pensieri, viaggi, avventure e il mio lavoro, che all'epoca era fare l'educatrice per bambini disabili nelle scuole pubbliche. Avevo tanti follower anche allora ma Twitter era un'altra cosa: era un bar, si entrava in punta di piedi, si chiacchierava, si condivideva tanto e si sorrideva di noi stessi. Una brutta storia di vita e di stalker mi hanno portato a chiudere quell'account: per quanto allora Twitter fosse un bar di periferia, esistevano comunque gli stronzi convinti di poter prendere dal cesto qualsiasi cosa o persona. Chiusi l'account con un Tweet "3...2...1...GAME OVER" e cliccai il tasto per eliminarlo. Quel capitolo si chiuse con la consapevolezza che anche il gioco più innocente può essere devastante se lasciato in mano a degli squilibrati. Per tanto tempo non mi affacciai minimamente al mondo dei social network e ciò mi portò a scoprire che senza Twitter si vive lo stesso. Non è incredibile ragazzi? Si mangia lo stesso anche se non si pubblicano le foto, si ascolta musica anche se non condividiamo il link di YouTube e, cosa ancor più sorprendente, si ama e si fa l'amore lo stesso anche se non si scrivono poesie e prodezze virili in 140 caratteri. Il 26 aprile 2012 ero immersa in un turno di 24 ore in una comunità per disabili psichici e, complice la fatica, la difficoltà nello stare sveglia, ho creato un account con un uovo, guardai dentro Twitter e non trovai nessuno: il bar era chiuso, forse per turno. Non scrissi nulla. Finii quel turno alle 11 del mattino e andai sulla tomba di Gramsci per l'anniversario della sua morte, provai rabbia e disgusto nel vedere quell'urna del cimitero acattolico di Roma quasi in abbandono. Avrei voluto gridarlo al mondo intero ma essendo affetta da una brutta raucedine mi resi conto di non avere il timbro vocale giusto. Forse era meglio entrare in un bar di Testaccio, ma era una giornata uggiosa e i bar a Roma offrivano solo arancini, pizza bianca con mortazza e il rutto libero di 4 cassaintegrati. Così pensai che un bar virtuale come Twitter avrebbe potuto lenire la mia rabbia. Memore dei consigli anti stalker della polizia postale, tolsi anzitutto la geolocalizzazione, al posto dell'uovo del giorno prima scelsi una pic "anonima", che non avesse niente di me se non gli ideali: un Che Guevara donna, una pic presa dal sito sudamericano WhyNot che si occupa di diritti delle donne. Il nick Sfigatamente mi venne in mente in seguito a un dialogo con un mio amico filosofo "le persone che non pensano hanno il dono dell'incoscienza, e quindi della serenità. Tu, cara amica, sei essere pensante, ergo una sfigata mente destinata al tormento". Grazie caro amico, davvero grazie. Ma il profilo era stato creato. Entrai in punta di piedi come sempre...e trovai non più un bar ma un circo: saltimbanchi, umoristi, poeti, politici, star, attori, vallette, bimbiminkia, cialtroni, maiali famelici, professori, commentatori compulsivi di programmi televisivi, clown e pubblico vociante e pagante. Cercai quelli che avevo lasciato: la maggior parte di loro erano diventati "twitstar", blogger e personaggi che ogni giorno scrivevano monologhi nella propria pagina. Presi posto dietro le quinte e ho scritto come sono abituata a fare da sempre: dal 27 Aprile 2012 ho vomitato sulla mia TL me stessa e la mia vita. Coi miei followers ho condiviso vittorie e sconfitte, le emozioni più belle e i viaggi più divertenti, la solitudine e i miei limiti, le mie pirlate a salve e i miei acrostici irriverenti, le mie foto e la rabbia, la diplomazia e la malinconia, il mio lavoro e i turni al massacro, l'imbecillite e il mio vivere perennemente in uno squilibrio equilibrato. Questa sono io e questo ho messo sull'account di SfigataMente: una persona normale che vive la sua vita cercando di cogliere l'aspetto ludico e cazzaro in ogni passo, con le sue pause riflessive da persona 42enne sempre in bilico fra una risata fragorosa e una manciata di lacrime. Non so perchè mi seguono queste 30.000 persone, mi guardo intorno e vedo i mostri sacri del Twitter, che quando li leggo mi sento piccola come un seme di zucca (una zucca vuota nella fattispecie) buttata dentro un silos di angurie gigantesche. E lo so di non meritare queste 30.000 persone perchè non sono straordinaria ma semplicemente normale. Che ci sia bisogno di normalità in questo posto dove tutti mirano ad essere stra-ordinari?! Non mi segue nessun VIP, nessuno di quelli che contano su Twitter, non vinco nessun premio, non mi chiedono collaborazioni ma mi seguono solo persone normali che nella loro vita fanno il meglio che possono per sorridere. Peraltro vi garantisco che avere un gran numero di followers non porta alcun vantaggio nella vita reale: si lavora e si suda esattamente come quando se ne hanno 50 o 5.000 di followers.
Col tempo ho imparato alcune regole fondamentali per non essere ingoiata nelle sabbie mobili dei 140 caratteri:
  1. Non rispondere alle provocazioni dei pirla conclamati che popolano Twitter perché ciò provoca un aumento di popolarità dei pirla in questione.
  2. Non rompere i coglioni alla TL con 10.000 interazioni con la stessa persona: in questi casi trasferirsi su Whatsapp o ancor meglio, prendere il telefono e farsi una chiacchierata con l'interlocutore.
  3. Rispondere alle mention, nei limiti del possibile seppur in ritardo. Mia madre mi ha insegnato che quando una persona ti rivolge la parola è segno di buona educazione rispondere. Non vorrei mai tradire le aspettative della mia genitrice. Mi sento autorizzata a non rispondere quando la mention equivale a ":-)" / "Ahahahahah" / "Sei tu quella della pic?" / "Mi fai un retweet?" / "Sei bellissima, mi vuoi conoscere?" / ";-))))" / "Seguimi e ti seguo!"/ e via ad libitum.
  4. Non rispondere ai DM porci o di sconosciuti che chiedono "M o F?" o "Sei single o sposata?". Ho un cattivo rapporto coi DM: mi piace interagire senza segreti in TL e quando al mattino vedo 78 messaggi non letti mi viene la pellagra e penso che di notte è tanto bello dormire e sognare invece di scrivere minchiate in DM.
  5. Condividere e interagire. Probabilmente sono l'ultima delle romatiche, ma adoro condividere emozioni, parole, risate e coriandoli di vita. E per condividere si deve interagire: quando pubblico un pensiero, una foto o una pirlata, chi mi legge commenta. Se io lasciassi quelle persone senza risposta si tratterebbe di un monologo e di negazione del confronto, come salire su un palcoscenico e avere davanti una platea vuota.
  6. Follow back o non follow back? Io trovo tutti molto più interessanti di me. Qualche milionata di profili mi piacciono parecchio, ma c'è un limite di following quando si supera una certa soglia: Twitter impone che in questi casi il numero di following non superi i followers. La condivisione per essere tale deve essere reciproca, perciò ho scelto di seguire le persone che mi seguono. Ma non seguo tutti: non seguo le "uova" (santi numi, se vi iscrivete a un social network sprecate 2 minuti per metterci una pic, su!), non seguo profili porno, aziende, siti web, agenti di marketing, professionisti in cerca di pubblicità e simili. Non seguo profili che non interagiscono, quelli senza tweet, quelli che gli ultimi 100 tweet sono "Ciao!...Ciao!...Ciao!...Buongiorno!...Buonasera!...Buonanotte!".
  7. Defolloware o non defolloware? Un defollow fa male quando si tratta di persone con le quali hai interagito un sacco di volte, che ti sembrava di conoscerle, di averci condiviso uno scampolo di strada. Poi ti arriva il defollow ed è evidente che quella persona non vuole più condividere niente con te o che improvvisamente le stai diametralmente sulle gonadi. Ed è con un po' di malinconia che premo il tasto "smetti di seguire" attuando un defollow back senza parole. A volte invece premo quel tasto con grande animo cazzaro, come se Twitter fosse una macchina infernale dove ci si incontra e ci si lascia senza stringersi la mano: Twitter è lo specchio della vita.
  8. Andare oltre la pic. Non ho mai rifiutato di incontrare i miei followers quando questi davano dimostrazione di avere un certo equilibrio mentale. Poco importa se poi alcuni pubblicavano la foto dei loro addominali stile tavoletta di cioccolato e poi quando li ho incontrati quella tavoletta di cioccolato si è rivelata un bignè, sempre di cioccolato ma pur sempre un bignè. Ma io non bado a queste cose, peraltro ho incontrato soprattutto donne e non ho mai assunto posizione sdraiata con un twittero, ma ho avuto l'onore di conoscere persone straordinarie e le considero dei frammenti del mio specchio rotto. E poi è bello essere pelle e voce dopo essere stati pic e parole.
  9. Essere me stessa. Non riesco ad interpretare un personaggio, non sono una brava attrice, perciò i miei tweet sono il mio diario virtuale, le mie parole rispecchiano lo stato d'animo di quel momento, non ho bozze da salvare perché non riesco a salvare neanche me stessa. Provo molta invidia per quelli che pubblicano solo battute umoristiche, i poeti del Twitter, i maniaci del selfie, i tritura palle perenni, e tutti quelli che hanno un profilo monotematico. Provo sincera invidia per la loro stabilità e costanza: io, ahimè, cambio ogni 38 secondi umore e desideri.
  10. Twitter è un gioco. Giocare è bellissimo ma bisogna giocare con moderazione, seguire le regole del gioco e non fare del gioco la propria ragione di vita.
Questo è il mio Twitter, il mio modo di intenderlo e, giusto o sbagliato che sia, è il mio. Il grafico della mia vita segue fedelmente quello di Sfigatamente, e così ultimamente i miei followers chiedono "Cosa ti è successo? Perché twitti così poco? Stai perdendo smalto...". È vero: mi limito ad uno o due tweet al giorno e a volte neanche quelli, e vivo di rendita. Ho sempre parlato del mio lavoro e i più attenti avranno notato che non ne parlo più. Per quanto sia stata tacciata di buonismo, io amo parlare del mio lavoro, quello di un'educatrice che lavora con disabili, disagio e tutti i rifiuti che la società produce. È un lavoro che mi fa star bene e cerco di far sembrare quel mondo meno distante e più vero dall'immaginario collettivo. Ma non ne parlo più. Ora lavoro in una struttura per disabili psichiatrici, ed è patologia, ed io ho grande rispetto per la malattia, molto rispetto. Non c'è più nulla di divertente nel mio lavoro, ma sono previsti degli educatori in quel reparto anche se il ruolo è diverso. E combatti disarmata con una patologia senza possibilità di miglioramento, ed è aggressività, auto ed eterolesionismo, terapia continua, è coprofagia, mutismo e sordità, vomito e impotenza, ed è lottare contro un cancro che divora il cervello e non si ferma di fronte alle tue parole ma neanche con le pillole del neuropsichiatra. Ed è sconfitta professionale, spesso piango e vorrei scappare. Cerco altro lavoro ma no, c'è crisi e non si trova. E resto impotente, con la consapevolezza che quando torno a casa ho solo bisogno di silenzio. Per questo ho smesso di twittare come un tempo: questo lavoro mi assorbe come una spugna gigantesca che divora un minuscolo bicchiere d'acqua. Ma sto risorgendo, piano, lentamente, com'è mio costume. E voglio dire GRAZIE a queste 30.000 pic che ancora mi seguono, per essere ancora qua e per stringermi ancora la mano. In fondo zia Sfiggy ce la fa anche stavolta, e anche stavolta deve ringraziare un sacco di anime belle...oggi comincio ad abbracciarne oltre 30.000.

8 commenti:

  1. Ti vorrei dire "sante parole", ma sarebbe un insulto all'urna di Gramsci.
    Quindi, semplicemente ti abbraccio.

    RispondiElimina
  2. Credo che i sentimenti che riempiono quello che hai scritto siano straordinari, insieme alla semplicità con cui li racconti. Non è difficile capire perché chi ti segue, resta. E anche la tua idea di come si sta su twitter ne è rivelatrice :)

    Forse ti si segue anche per restituirti un po' di quel che arriva da te. Qualche volta, per fortuna, ci si riesce. Ci si riesce, vero?

    Baci.

    RispondiElimina
  3. Bella Sfigy..! Ancora una volta hai rivoltato la tua anima, offrendoci i suoi deliziosi frutti agrodolci...sempre dissetanti e nutrienti per la nostra !
    GRAZIE ! ��

    RispondiElimina
  4. Un'educatore se non è almeno un poco sfigatamente, forse ha sbagliato professione.
    Abbracci nataliferi
    Nervov.

    RispondiElimina
  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  6. Sono capitato qui x caso dopo un RT e letta la storia come si dice dalle mie parti "me coglioni" scrivi benissimo. Mi dispiace x il primo account, ma forse a l'epoca non c'era l'opzione di blocco e tanti auguri x il tuo lavoro; ho in casa persone con malattie mentali, non gravi come te e non oso immaginare quello che provi.
    Nella speranza che vedi questo commento, visto che prima non me lo ha pubblicato, ti saluto.

    RispondiElimina
  7. Sei forte, altro che il tuo nickname ;)
    Un caro saluto!
    Kia - #ViaggiandoSimpara per capirci ;)

    RispondiElimina