lunedì 21 aprile 2025
Di pecore, fiori e malinconia.
Non starò qui a tediarvi sulle 1.387 cibarie che ho preparato nel giorno di Pasqua, ché se nei giorni normali qua si cucina come fosse il cenone di capodanno, figuriamoci nei giorni di festa! Abbiamo però rispettato la tradizione sarda facendo la "revèa" altresì detta "trattallìu". E che sarà mai? Visto così non ha un aspetto invitante, probabilmente lo sarà ancor meno quando elencherò i vari ingredienti. La revèa o trattallìu non è altro che la coratella di agnello, infilata a pezzi in uno spiedo e avvolta con l'intestino dello stesso. Ok, ora potete urlare o vomitare, ad libitum. Oppure potete mangiarla perché non fa molta differenza spalmare sul crostino il fois gras, apprezzare il fegato alla veneziana o mangiare un pezzo di revèa. Chiusa parentesi. Domani ho un volo che mi porterà al nord e oggi voglio fermarmi a capire questa terra, questa famiglia, guardare i particolari che poi sono quelli che porterò nello zaino del ritorno. Siamo un popolo ospitale e conviviale: mentre cucinavo nella taverna mi sono resa conto che abbiamo un tavolo di centordici posti. Ricordo di aver fatto diverse cene con 16/18 persone su questo tavolo; padre lo ha fatto costruire circa 35 anni fa affinché gli ospiti non stessero stretti mentre mangiavano. Ma parliamo delle chiavi nel portone: è vero o è una leggenda metropolitana che qua si lasciano inserite nel portone? A casa mia funziona che le chiavi si tolgono quando si parte e alla sera, per il resto non solo trovate le chiavi ma spesso il portone è aperto: mia madre lo lascia aperto quando deve arrivare qualcuno. Ho cercato di chiuderlo e mi ha tacciato con "lascialo aperto, deve passare Anna...lascia aperto, deve rientrare tuo padre...". Ma... padre è appena uscito, deve andare dalle mucche o in chissà quale altra parte dell'azienda, potrebbe rientrare tra 2 ore! E quella dice: fa niente, quando rientra trova aperto... mica deve suonare come si fa in "domo anzena", casa di estranei. Non me ne capacito, giro la ruota e lascio aperto sto portone, sia mai che padre debba sforzare i polpastrelli nel suonare alla porta o girare la chiave nella toppa. E poi c'è l'azienda: in questi giorni padre ha cercato di farmi capire che non potrà andarci ancora per molto, sono vecchi e stanchi sti due qua. E allora, visto che è Pasqua e siamo tutti più buoni e ubriachi, vado a vedere come funziona. Beh si, è bella, curata, ordinata, pulita, si vede anche la punta di Tavolara! Pure le pecore sono ordinate: guarda un po' come stanno in fila, neanche alle Poste trovi persone così educate! E allora noto che mio padre apre un cancello e le fa passare in un altro pezzo di terra. Chiedo info, voglio capire. Mi dice che la mattina le porta a pascolare, al pomeriggio apre il cancello e loro belle belle, brucano un pascolo diverso mentre si dirigono in autonomia verso la sala mungitura, dove mangiano e vengono munte. FERMI! Ho capito tutto: praticamente al mattino le metti nella sala da pranzo (grande un paio di ettari, dettagli), loro mangiano a piacimento, poi, aperto il cancello, trotterellano nelle vie del centro, fanno aperitivo con quello che trovano in giro e poi entrano in sala mungitura per la cena. Vabbè ma che stiamo facendo? Aspettiamo, dice lui, aspettiamo che arrivino qua, in sala mungitura. Ah ok...ma non arrivano? Quanto ci mettono ad arrivare? Manco facessero una tappa del cammino di Santiago! Beh, dice, si prendono il loro tempo. E che devo fare? Gli porto uno spritzino per velocizzare? Volete due salatini? Due olivelle? Vabbè, finalmente arrivano, con le loro campanelle, sanno la strada e poi c'è il cane pastore che le guida, Deo gratias! Però sono simpatiche, mi avvicino perché vorrei accarezzarle e... mai l'avessi fatto! Che animali permalosi! Iniziano a scappare manco avessi un machete in mano! Padre dice che non sono vestita adeguata. Ah no? Sono anche fighette? Cosa devo indossare? Un tailleur di alta moda? No, dice lui, hai la giacchetta rossa, non va bene. MA COSA AVETE CONTRO IL MIO K-WAY ROSSO??? Sapete quanto mi è costato? Neanche lo immaginate, che dovete farne di litri di latte per comprarlo, eh! E poi non capite un caxxo di moda, lasciatevelo dire, sarete meglio voi che ad aprile ancora avete il cappotto di lana. Mi guardano schifate, una dice: vabbèèèèhhh! Ok, il rapporto tra me e le pecore non è iniziato benissimo ma posso rimediare. Tolgo il K-way, tolgo tutto e rimango con una t-shirt verde acqua. Con i brillantini. Padre storce il naso, ciondola il capo: può andare ma non è proprio il massimo, dice, devi vestirti di scuro. MA NON CAPITE PROPRIO UNA FAVA DI ABBIGLIAMENTO! È una t-shirt griffata, pecore che non siete altre! Non potete pretendere che porti il lutto per entrare in sala mungitura! Che animali giudicanti, ma ti pare che devo vestirmi come piace a loro?!! Ma non ci penso proprio! Ok, incasso il colpo, posso ancora rimediare, metto la giacca di madre, entro... una della cricca mi dice beh-beh-beh! Lo prendo come un apprezzamento, ma che tenera, sei quella di ieri? No, forse no...ma sono tutte uguali, zio cantante, manco posso dargli un nome, manco posso avere una pecora preferita! Ma eccolaaaaa! C'è la pecora nera! Ehy sista, come stai? Ehy...dico a te...mi caghi un pochino? Diventiamo amiche? Ecco, essere pecora nera significa che mentre tutte mi guardano come fossi una cretina che cambia abito ogni 2 minuti, la pecora nera se ne fotte e mangia. Ma passiamo alla mungitura... no no, non me la sento, questa cosa che devo toccare le tette delle pecore senza il loro permesso non mi sembra affatto etico, io non tocco le tette di nessuno senza che queste siano consenzienti, ti pare? E poi potrebbero fare il bidè, se devo dirla tutta. Finisce la mungitura e io le guardo mentre aspettano che padre le porti in camera da letto (il pezzo di terreno attiguo con il riparo): sono carine, forse sono anche simpatiche anche se non capiscono una mazza di abbigliamento, quasi quasi mi convinco... no no, mi affezionerei, finirebbe che le porterei ogni giorno al fiume a fare la SPA e d'inverno ci farei la piscina riscaldata, lasciamo perdere che manderei tutto in fallimento! E poi ci sono loro... io mi immagino chiamarli per nome e poi dovermene privare, che trauma! Grazie padre, spero che tu campi cent'anni e quando non ci sarai più vorrà dire che qua ci farò parcheggi, o una colonia felina, o un campo di patate. Torniamo a casa, è la mia ultima sera. Mi fermo nel porticato e noto subito qualcosa di nuovo: sono tornati i fiori nel giardino di mia madre. Lei che da quando è morto mio fratello ha lasciato solo le piante grasse perché "non hanno bisogno di molte cure". Oltre alle orchidee che fioriscono ogni anno e vanno sulla tomba di Jons, sono tornati i colori tra i vasi di mia madre, anche se ormai è vecchia, curva e stanca, ha trovato la forza di far rivivere questo spazio. Perché mia madre è una donna straordinariamente forte, capace di resistere agli urti della vita non per orgoglio ma per necessità. Perché lei lo sa che il giorno che mancherà qua non ci saranno più colori, lo sa che noi siamo capaci di fiorire solo perché lei ancora ci insegna a farlo.
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Che spettacolo sia le foto che la narrazione ti lascio un saluto e un sorriso
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