mercoledì 21 settembre 2022

Canti, pietre e Casa

Avevo una promessa da mantenere stamattina: andare a salutare Grazia Deledda nella chiesa della solitudine. La chiesa era aperta e questo mi è sembrato un buon risultato. Questa chiesa è costruzione recente: hanno demolito la vecchia chiesa del 600 (quella che ha conosciuto la Deledda) e costruito questa. Io mi auguro che quella del 600 fosse distrutta e irrecuperabile, altrimenti non si spiega. Ho deciso che ho ancora voglia di tradizioni stamattina, perciò parto alla volta di Bitti, il paese dei canti a tenore, patrimonio immateriale dell'UNESCO. È strano trovarsi ad ascoltare i tenores dentro una sorta di cupola virtuale l'effetto però è sorprendente. C'è anche una stanza interattiva dove poter ballare il ballo sardo: alla fine ti danno un punteggio in base a come hai ballato... potevo fare di meglio! Accanto c'è il museo della civiltà pastorale e a me sembra di essere tornata a casa di mia nonna: i fiori, gli stampi per fare il formaggio, il telaio, trama e ordito che si incrociano per far nascere qualcosa di unico. Lascio Bitti e le sue case abbandonate e a me si spezza il cuore per le tante persone costrette ad andare via e lasciare tutto. Perché anche io sono andata via e anche io ho abbandonato. C'è mamma che mi aspetta, parto ma per strada sono costretta a fermarmi: c'è un nuraghe e Francesca non ne ha mai visto uno. Il nuraghe Loelle è lì, un intreccio di pietre fra lecci, sughere e silenzio. Entrarci dentro è sempre emozionante: secoli e secoli di storia sotto i miei piedi. Ed è così bello qua... E se i nuraghi fossero semplicemente dei pensatoi? Perché no? Tipo che all'epoca nuragica i sardi venivano quassù in cima, a turno, guardavano il panorama dall'alto, pensavano e ne traevano beneficio. Pensa che rivoluzionari! Per strada incontro un pezzo di vita:qua ho frequentato i primi due anni di scuola superiore. Ora è una casa, la mia scuola è stata trasferita altrove, più grande, presumo più bella. Anche da qua sono andata via, ma questa la racconto un altro giorno. Devo andare da mamma, forza! Entro nel territorio del mio comune, noto un cartello nuovo: hanno reso "fruibile" un borgo fantasma. Ma wow! Metto freccia per Badu Andria e...vabbè, fruibile insomma! La strada è sterrata, la mia Smart ci passa a stenti e ho incrociato pure le dita dei piedi scongiurando di non incontrare un'altra auto visto che nel punto più largo ci passavo io e la motocarrozzetta di tziu Peppineddu. Il paesino è grazioso e il fatto che io lo abbia conosciuto vivo e abitato mi fa capire che negli ultimi quarant'anni sono cambiate tante cose, ed io sto invecchiando maledettamente, zio cantante. Arrivo a casa, mi rassicura vedere che c'è ancora l'albero di Natale all'ingresso del paese: mi conferma che sono cresciuta in un posto di matti. Mia madre mi accoglie col suo miglior sorriso e "ah ma ce l'hai fatta a tornare a casa?... Ah eri in giro! Che stranezza, chi l'avrebbe mai detto!". In sardo rende meglio ma anche tradotta così si può capire quanto mia madre mi somigli: anche lei ha imparato a nascondere tutto dietro un sorriso. Sono arrivata a casa, laggiù riesco a scorgere Casa, quella maiuscola: sorrido di questa montagna che mi ha sempre dato l'idea della mia collocazione nel mondo, domani andrò da Lei. Mia madre mi racconta delle mucche e delle pecore che io trovo sempre simpatiche e fotogeniche. Abbiamo un nuovo arrivato: si mimetizza fra le rocce ma so che verrà allo scoperto. Mia madre mi racconta che è arrivato da solo, chissà da dove, lei gli ha dato da mangiare e lui è rimasto. Chissà quante altre cose deve dirmi questa donna immensa che ho davanti, questa mamma che ha dovuto seppellire un figlio di 49 anni, che nonostante tutto sta in piedi, nonostante tutto mi sorride, mi mostra i suoi ultimi lavori all'uncinetto:che brava sei mamma, tu che nonostante tutto continui a districare fili per poi intrecciarli e far nascere qualcosa di bello. Che brava sei a non perdere mai la speranza di migliorare il mondo. 

Nessun commento:

Posta un commento