giovedì 22 settembre 2022

Tavolara e movida

Quando scrivo Casa, con la maiuscola, io intendo Tavolara. Oh no, non sono impazzita ma io considero questa montagna qualcosa che mi appartiene, dove so che non ho bisogno di chiavi e spiegazioni per entrare. Stamane ho preso i biglietti del traghetto e via di corsa verso questa montagna che spunta dal mare. La moltitudine dei turisti sono tornati a casa spaventati dalle nuvole. Sono turisti ovvio, e dimenticano che qua siamo su un'isola e il cielo cambia ogni minuto. Infatti quando sono arrivata a Casa sorridevo tantissimo: le nuvole avevano finito la loro danza e il cielo era limipigo come una biglia di cristallo. Divido la spiaggia con... altre 3 persone: non credo riuscirò mai più a vedere Tavolara così, e allora meglio approfittarne. La giro tutta, cammino spedita che voglio arrivare a Spalmatore, mi volto sempre indietro per capire quanto è maestosa, poi vedo da lontano quell'istmo bianco, la mia meta, ed è qua che le due correnti si incrociano e si scontrano. La giro tutta Spalmatore, questo pezzo di terra che è la patria dell'aglio selvatico, anche se no, non si può mangiare, spiace! Torno indietro e la guardo: quanti segreti ho confidato a questa montagna, quando ero ragazza la guardavo da lontano e parlavo, spesso piangevo, ma di fatto ringrazio anche i santi del 38°  giorno per il fatto che Tavolara non possa parlare e spifferare al mondo tutti i miei peccati. Passo anche dal cimiteroe già che ci sono butto uno sguardo alla regina, tanto siamo in tema, no? Mica sarà diversa questa! Sono serena qua in mezzo all'acqua, faccio un bagnetto rigenerante e poi mi ricordo che devo partire. Sul natante una signora esclama in continuazione: ci sono i pesci! Che meraviglia, ci sono i pesci! Ora, signora mia, capisco tutto ma in mare che vuoi trovare? Fagioli borlotti? Eh no, ci sono i pesci! E poi si parte, ed è questo lo strappo peggiore, quanto la barca si allontana e dietro rimane una scia blu, chiara e luminosa, da far lacrime gli occhi, e quella schiuma sembra segnare un filo che non si spezzerà mai. Chissà perché oggi voglio infliggermi dei ricordi indicibili, chissà perché sono voluta andare alla Cinta, questa spiaggia lunga come un nastro che ora sembra attorcigliarsi attorno a me fino a non farmi respirare. Si, perché questa è la spiaggia della mia adolescenza, quando al mare si andava con quei trabiccoli senza freni, quei motorini che si parcheggiano buttandololi sopra un cespuglio, non c'erano i chioschetti, ci portavamo da mangiare e da bere, e poi aspettavamo l'imbrunire fra un bacio e una canzone di protesta. Torno a casa, oh mamma, ciao tutto bene? Si, figlia, c'è da andare all'orto. A fare che? Non a ballare il flamenco di certo. Ragazzi, che buone le cose fresche e sane, ma raccoglierle dall'orto è una palla senza eguali. E allora mamma oggi racconta delle mucche: sono mansuete dice, vedi che non ti fanno niente? Ragazzi a me sembrava mi stessero puntando e quando quella grossa sulla destra ha fatto un movimento strano, io ho corso che Jacobs mi spicciava casa. Rimango a guardare mio padre, è sotto una sughera che aspetta qualcosa che non so, con pazienza e silenzio. Il cielo oggi ha qualche livido di troppo, io penso agli errori che rifarei e alle persone che mi mancano. E dopo cena esco ragazzi, oggi faccio movida ragazzi, olè! Eh si, vado al bar del paese ad incontrare uno del mio clan: il clan è composto da 36 cugini in primo grado, i quali hanno tutti dei figli e questi figli ne hanno fatto altri. E andiamo tutti d'accordo, ci conosciamo tutti e in fondo ci vogliamo bene. Oh ragazzi che spasso, che divertimento questa movida! Allego prova fotografica. 
Tanta roba eh?

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