giovedì 10 settembre 2020

Di alberi, colori e tempeste

Stamattina saluto Oristano col sorriso: da qua ho esplorato la penisola del Sinis che mi ha emozionato e sorpreso. Mi ha accolto e ora, nel lasciarla, me ne porto un pezzo dietro, e sa di confini che si confondono e si mescolano. Prendo la Nord Occidentale, così da avere il mare alla mia sinistra: ovviamente la signorina di Google maps non apprezza visto che impiegherò il doppio del tempo. Ma io non ho fretta. Il cielo no, non è sereno, ma io sono impavida e decido di andare a S'Archittu. All'inizio della spiaggia trovo una casetta dei libri: mi sembra un segno di grande civiltà lasciare un libro e prenderne un altro. Faccio una piacevole passeggiata sul lungomare, il panorama aiuta a rendere tutto più interessante. L'arco scavato nella roccia è in fondo, lo vedo e mi perdo. La natura fa delle cose sorprendenti, stabili e sicure, senza bisogno di alcun architetto. Riparto e toh! Non ci vuoi mettere un camion che viaggia a 30 km/h?! Certo, ho il tempo di gustarmi tutto il panorama ma dopo un po' anche basta. Vedo un cartello con scritto "albero millenario" e perché no? Così nel frattempo il camion si sciacquerà dai culurgiones. La strada per l'albero millenario ad un certo punto diventa lastricata e/o sterrata, a seconda delle curve. Arrivata ad una curva con dosso decido di tornare indietro, visto che questo genere di strade in Sardegna spesso riservano l'effetto pentolaccia: può essere che dopo il dosso la strada si allarghi ma può essere che diventi un imbuto dal quale non riesci più a uscire. Viste le precedenti esperienze torno indietro, parcheggio e ci vado a piedi. La signorina di Google maps non la prende benissimo. Cammino in mezzo ai sassi, con le infradito, non proprio agevole, guardo il cellulare: non c'è campo, qua non prende neanche il termometro. Arrivata al dosso incriminato mi rendo conto...che dopo c'è una strada ampia, lastricata e con una serie di slarghi per fare manovra e tornare indietro. Non fa niente, avevo voglia di passeggiare, no? (la signorina di Google maps sghignazza). Quando mancano 30 metri dall'albero...spunta fuori un cane. Non c'è ombra di un umano, silenzio assoluto, il cane non ha guinzaglio e forse di lavoro fa il guardiano dell'albero millenario. Forse non è il caso di farlo incazzare, peraltro neanche abbaia e mi guarda in cagnesco, manco a dirlo! Torno indietro senza arrivare all'albero, evitando una rissa col cagnone della quale faccio volentieri a meno. Ostinata, riprendo la macchina e arrivo esattamente sotto l'albero: tutta la fatica è ripagata da ciò che vedo. È immenso, non riesco a prenderlo tutto con l'obiettivo 50 mm, devo mettere il grandangolo ma anche qua non rientra nella cornice convenzionale e sono costretta a catturarlo in diagonale: è un albero vanitoso, è necessario impegnarsi per fargli un ritratto. Entro sotto le sue fronde e mi sento dentro una casa: chissà quanti ne avrà ospitato questo olivastro, e sotto le sue grandi braccia avrà protetto pastori, pellegrini o banditi, ché siamo tutti uguali quando abbiamo bisogno di un tetto dove ripararci. Vado via con una bella sensazione, di fiducia e speranza. Attraverso paesini che sono una sfida alla logopedia: Tresnuraghes mi riserva un bel dipinto; Magomadas mi fa capire che dietro l'angolo c'è il mare. Bosa arriva senza preavviso con la sua esplosione di colori, e se dovessi scegliere una foto dei vicoli di questo paese non saprei quale scegliere. Di certo è un posto fiorito: ovunque ci sono barattoli, scarpe e vasi di fiori, mi perdo nelle sue strade, parlo con le signore affacciate ai portoni, ciascuna col suo uscio abbellito di colori e foglie. Vado via sazia e appagata, e tralasciando la poesia, a saziarmi non sono stati i colori di Bosa ma un lauto pasto in un ristorante impertugiato in un vicolo. Il cielo minaccia pioggia ma io sono sempre fiduciosa e vado a Cumpoltittu. Mi avvio nell'agevole stradina che dovrebbe portarmi al mare ma a metà percorso una serie di tuoni e fulmini mi fa desistere. Mi accontento di vedere la spiaggia, splendida e verde anche col cielo in tempesta, dall'alto. Apro una piccola parentesi: se abbasso l'inquadratura continuo a vedere lo splendore di Cumpoltittu ma anche la miseria e la stronzaggine umana, ché i rifiuti ve li dovete portare a casa o infilarveli nelle narici. Arrivo ad Alghero e la mia giornata finisce con una pioggia battente, ma io sono contenta: il rumore della pioggia mi riconcilia col mondo intero e posso scrivere i miei pensieri, quelli che nascondo in fondo al cassetto del tempo. Peraltro il mio albergo è iper moderno e avveniristico, e ora scusate, vado a chiamare Bernacca e Baroni per sapere le previsioni meteo per domani. 

3 commenti:

  1. Ciao. Ti seguivo su Twitter perché ogni tua foto mi emoziona. Con questa cronaca stai alimentando la voglia di un prossimo viaggio in Sardegna che rimandava da tempo. Grazie e complimenti per le tue foto. Mi ipnotizzano e mi emozionano. Tutte.Cristina

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  2. Troppa bellezza.. grazie Sfiggy.. :***

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