mercoledì 9 settembre 2020

Un salotto pigro

Oggi a Oristano c'era un bel sole, potevo andare al mare, a Putzu Idu ad esempio, come pensavo ieri notte, ma stamane mi sono svegliata con lentezza, senza la voglia di seguire programmi o idee. Sono uscita pigramente per le vie di Oristano con l'intento di conoscere meglio questa cittadina che mi ospita. È un salotto buono ed elegante con quei tavolini all'aperto che invitano a fermarsi e ad assaporare la Vita. Qualche campanile che svetta, a ricordarmi di sollevare la testa per guardare oltre, fosse anche in maniera distorta. Ovviamente stare col naso all'insù mi procura delle rovinose cadute, ma tant'è. La piazza dedicata ad Eleonora d'Arborea mi porta verso l'antico splendore di quest'isola, a quella Donna forte, reggente del Giudicato di Arborea, l'ultimo Stato sardo ad essere ceduto a regnanti esterni dell'isola. Sui muri della città segni e disegni della tradizione, ma anche qualche segno di ribellione. C'è sempre qualcuno che si scosta dalla norma, Oristano non fa eccezione, e la sua eleganza talvolta viene meno, e probabilmente è giusto così. Mi lascio assorbire dai ragazzini che si rincorrono con le loro biciclette, le loro gare non sanno di fango e terra ma di pavimenti tirati a lucido e torri gloriose. Rimango sorpresa dal fatto che nel centro storico non ci sono negozi di souvenir ma parecchie librerie; entro nell'ufficio informazioni turistiche e chiedo dove posso trovare delle cartoline da spedire, consapevole che questa forma di comunicazione ormai è obsoleta e che presto sarò costretta a spedire i biglietti del parcheggio. La signorina mi guarda con tenerezza, come se avessi cercato di vendere una TV al plasma ad una comunità amish, mi spiega che no, non ci sono negozi del genere ma posso trovarne uno nel vicino centro commerciale. L'idea di andare al Centro commerciale mi procura lo stesso entusiasmo di Maria Antonietta la mattina del 16 ottobre 1793. Incontro il suddetto centro commerciale all'uscita della cittadina, sulla strada per Cabras: è grande quanto l'Esselunga di Sesto Calende, perciò decido di fermarmi. Il negozio di souvenir esiste ma le cartoline non rendono giustizia a questo pezzo straordinario di Sardegna ma riesco comunque a trovare una trunfa, ossia lo scacciapensieri sardo: lo suonerò nei momenti di nostalgia nelle nebbiose mattine piemontesi. Mi dirigo verso Cabras perché voglio mangiare la bottarga, quella buona. Il paese sembra quasi fantasma, probabilmente sono tutti a pescare muggini, mi da un senso di malinconia ma anche di concretezza. Bene, è l'ora di andare al mare...ma, che tempismo, improvvisamente il cielo diventa nero e tira un vento che i fichi d'India si staccano dalle pale. Ma io sono perseverante e vado comunque a Putzu idu, e se piove ancora meglio, sarà l'occasione per lavare l'auto che versa in condizioni pietose dopo gli sterrati di questi giorni. Il risultato riguardo la macchina non è dei migliori, anzi, forse la situazione è persino peggiorata, di certo posso lasciarla incustodita ché a nessuno verrà voglia di scassinare questo miscuglio di terra e salsedine. Riguardo Putzu Idu, beh è facile per voi fare le foto fighe del mare cristallino, provate invece a farle quando soffia un vento che porta via anche i peli superflui e i gabbiani non riescono neanche a librarsi in volo. Facciamo che torno ad Oristano...ma perché non perdersi prendendo la strada a sinistra anziché a destra? Perché solo così posso scoprire i paesini del centro, le case basse e i negozi alternativi. Solo così posso trovare muri che sono pagine di tempo buono. 

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