martedì 7 settembre 2021

Di confini e fuochi

La giornata oggi è iniziata con la solita scampanata della chiesa e la mia ora di corsa per le strade affollate di Langendorf: mi piace girare per le stradine di questo paese e scoprire nuove case dai tetti aguzzi, nuovi colori che vorrei portare via. Oggi si parte con Hans che essendo di sangue anarchico e odiando tutto ciò che è cultura di massa, ha deciso di portarci a fare un giretto in macchina verso lidi sconosciuti. Quest'uomo è davvero interessante, peccato che la sua anarchia sia applicata a tutti i campi, anche nella guida. Perché lui guida, e tipo ha davanti un trattore, e subito dopo c'è una curva. E tu pensi: ok, dopo la curva lo supera. Ma perché aspettare la curva? Perché non superarlo PRIMA della curva, così da rischiare un frontale con una bella Audi bianca nuova di pacca?! Giungiamo però a Bad Kissingen, e Hans non mi porta a fare un giro turistico, mi porta a bere acqua, dice che qua l'acqua ha non so quali proprietà, ha persino portato i bicchierini da casa per gustare quest'acqua che boh, ragazzi miei, ma che sapore orribile! Certo, digestiva eh, la corposa colazione è scesa in due minuti, ma il sapore ignobile di quest'acqua mi è rimasto in bocca. Non mi lascia fare foto quest'uomo, niente. Ad ogni foto mi dice che no, non è una buona foto, il soggetto non è bello, lascia perdere, buttala via. Quindi faccio le foto di nascosto, giusto per dire che sono stata a Bad Kissingen, altrimenti sembrerebbe che sono stata a Urzulei. Mi lascia però il tempo per fotografare la biblioteca, quella si, quella dice che è bella. Mi dice: dimmelo quando devi fare una foto che mi fermo eh! E io glielo dico pure, ma lui neanche mi sente, ti distrai un attimo e lo hai perso, inseguendo chissà cosa. Finisce che io ci parlo dell'impero romano con quest'uomo colto e burbero che a me piace tanto, del fatto che il sale a quei tempi era prezioso, e allora che fai? Non vai a fare un giro alle saline di Bad Kissingen? Dove l'acqua scende sopra dei fasci di legno, il sale rimane attaccato al legno e l'acqua scivola via. E poi andiamo alla Rhön, la guida è come sempre molto sportiva, rischiamo l'incidente ad ogni chilometro ma altrimenti come potrei provare quel brivido sulla schiena, eh? Ma che fai? Ti privi di una deviazione per far vedere che qua c'era una miniera di carbone e ora c'è forse basalto o forse boh, chi lo sa! Arriviamo comunque a destinazione, ossia il vecchio confine con la DDR. Mi graffia la gola questo posto, guardo i cancelli, la rete, penso a come vedevano il mondo dall'altra parte. Qua c'è la torretta, da qua sparavano, dice Hans, con una punta di dolore fra le labbra. Cambio prospettiva, il resto di un muro, la torre dall'altra parte, da là partivano gli spari. Mi guardo intorno ed è tutto uguale, la rete non c'è più e i fiori, gli alberi, il cielo sono uguali da entrambe le parti, e quella linea è solo una ferita che rimane sulla pelle del mondo. E Hans si allontana, chissà quando era ragazzo cosa pensava di quella rete. Andiamo a mangiare ma, ops! È martedì e qua il martedì bar e ristoranti sono chiusi. Non troviamo niente di aperto per ore e se la guida di Hans era finora sportiva, con la fame diventa estrema: ho visto la morte in faccia tante di quelle volte che neanche lo ricordo. Torniamo a casa di Irene, il tempo di un giro al cimitero, poi mi trovo un angolino per sognare qualcosa di bello, per un sogno ad occhi aperti e devo subito ripartire. Si va a Schweinfurt da Susanne, la figlia di Irene. Questa donna è un vulcano, vive in una casa che sembra un bazar, mangiamo vegetariano in giardino, parliamo in inglese e finalmente posso fare il clown, che è il ruolo che mi viene meglio. Accende un fuoco in giardino, parla e ascolta, sa ridere e riflettere, mi mostra i suoi disegni, la sua sauna, poi si mette a fare una cosa strana, vorrebbe che anche io mi mettessi a fare l'involtino primavera in questa trappola mortale. Declino l'invito e torniamo in giardino. E la serata sembra lunga, il fuoco sta per spegnersi ed io mi fermo a sognare a qualcosa che brucia e che non so fermare. 

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