venerdì 8 settembre 2023

Fiori, spiagge e balle di fieno.

Stamane mi sono svegliata con la nebbia umida di questo ameno paesino: i miei capelli hanno assunto le sembianze di una paglietta saponata Bravo, la piastra per capelli si è rivelata utile quanto un frigo portatile in Lapponia. Visto il clima nebbioso e umido, metto jeans e maglietta: tenetelo a mente perché alle ore 14 maledirò il preciso momento in cui ho infilato questi dannati pantaloni. Attraversiamo campi immersi nella nebbia, le mucche si distinguono appena, i trattori invece fanno capolino belli cazzutti che se non ti scansi ti travolgono come un birillo. Lungo la strada troviamo anche la combo trattore più balloni di fieno: Sara adora le balle di fieno, durante i nostri viaggi si è persino arrampicata sui balloni per poi ritrovarsi cosparsa di spighe fino alla trachea. Dettagli. All'improvviso il cielo si apre e della nebbia non c'è traccia. Arriviamo a Juno Beach, dove le truppe canadesi sbarcarono il 6 giugno 1944 per liberare l'Europa dal nazi-fascismo. Nomi, infiniti nomi che sbattono sul sole. Compro un accendino al museo, parlo in inglese, mi rispondono in francese. Non mi esprimo sulla strenua difesa della lingua francese, so solo che se lavori in un museo dovresti saper parlare almeno l'inglese. Ma tant'è, esco bestemmiando in lingua urdu e vado in spiaggia dove mi accoglie un verso di Verlaine: è quasi oceano, è quasi mare, la marea lascia disegni assurdi ma la fortuna è che dalle foto non si può percepire l'odore: un tanfo di alghe marce da vomitare anche la torta della prima comunione. Ma le foto belle eh, un figurone. Ci sono ancora i bunker: freddi e disarmanti, eppure anche lì sono sbocciati dei fiori. Le tombe dei ragazzi canadesi caduti su quella spiaggia hanno una foglia d'acero, dei fiori, la bandiera. Respiro e vado avanti. Ma toh, un'altra rotonda con queste sculture bizzarre e giganti, e si, il vetro è sporco dovrò pulirlo: ieri nel parcheggio dell'hotel un signore ha pulito il suo parabrezza con lo scopino del cesso. Dovrò emularlo stasera. Arrivo a Gold Beach: da lontano si vede il floating bridge che fu costruito per lo sbarco. I resti galleggiano come cose morte, lasciate lì per la nostra memoria.(vi state chiedendo perché Sara non ha ancora fatto pipì? Semplice, ormai la natura circostante è diventata per lei una grande e confortevole toilette dove espletare i bisogni fisiologici). Passo oltre e arrivo a Les Arromanches, non senza aver incrociato trattori e fieno. Troviamo un bagno pubblico dentro una torretta a gratticio: è chiuso. Per sempre.  E non ci sono cepusgli. Facciamo una passeggiata in spiaggia, i resti del ponte galleggiante sono enormi, qualche turista si fa il bagno a fianco, ormai fanno parte della natura, e tutto prosegue con noncuranza. Si pranza con un croque madame, una cosina leggera, giusto per stare in piedi, e dentro questo ristorantino lindo come una discarica, troviamo il vincitore temporaneo della classifica dei cessi. Si riparte per arrivare a Longues-sur-Mer, dove ci sono le casematte dei tedeschi. È incredibile come anche qua possano nascere dei fiori, tra il cemento e il filo spinato. Decido di fare il percorso ad anello: sono le 14:00, ci sono 40 gradi e ho i jeans. Vorrei spogliarmi, strapparmi i pantaloni dal corpo e buttarli in mare, girando in mutande senza ritegno. E invece no, cammino e bestemmio anche in ostrogoto. Chiudo con le casematte, si riparte e ho una sete che berrei anche lo sputo di un lama, mi fermo in un bar... Da fuori sembrava pure carino, non aggiungo altro. E poi Colleville sur mer. E qua si ferma tutto,il tempo, la fretta e anche il respiro: oltre 9.000 lapidi, fino a non poterle più distinguere, tutte ordinate e uguali. E anche lì c'è un trattore, non è incredibile? Sara riesce a fare pipì anche qui:  pare fosse un super bagno a suo dire. Andiamo a Pointe du Hoc e lì i segni sono terrificanti: voragini e crateri infiniti lasciati dalle bombe. E dentro sbocciano fiori.Chi ha visto "Salvate il soldato Ryan" conosce Omaha Beach.La spiaggia del massacro è proprio questa, forme di vele o spade di argento si stagliano contro un tramonto arrogante. Anche qua ci sono dei fiori, qualcuno ha ricordato. Torniamo a Bayeux e cerco un ristorante aperto che non sia quello dove lavora il minorenne che si è innamorato di Sara. Nella ricerca di cibo mi rendo conto che Bayeux è carina, è grande quanto un posacenere ma è carina. Cerco di fare una foto in notturna ma mi rendo conto che sotto di me c'è il classico parchetto della droga ed è meglio andare in hotel. Rimango fuori, nel tavolo dei fumatori. Scrivo, penso e rifletto su questa giornata intensa. Non è stato facile scrivere questo lungo post, sicuramente meno cazzaro degli altri ma tutte quelle croci erano vite, erano ragazzi di vent'anni. E non riesco a togliermi dalla testa la tragica inutilità della guerra. 
... 
Ah, sono rimasta chiusa fuori dall'hotel: la chiave magnetica non funzionava, ho assorbito tutta l'umidità del Laos, il telefono era scarico e forse ora riesco a pubblicare questo post.

2 commenti:

  1. Ho fiumi di lacrime che scorrono pensando all' assurdità e atrocità della guerra. Vite di ventenni spezzate e spazzate per sempre. Un messaggio di speranza la natura che nonostante tutto cresce e cerca di abbellire luoghi così terribili. Grazie per queste tue immagini e riflessioni. Comunque si i francesi so francesi e ottusi

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