giovedì 14 settembre 2023

Napoli che guarisce

La notte in corridoio nel treno notte non è stata così male: mentre gli altri dormivano sono potuta salire sul ponte del traghetto e vedere il faro sullo stretto di Messina: Sara ne sarebbe stata entusiasta vista la sua passione per questi spuntoni fallici che emergono dall'acqua. Il bambino al quale, per la seconda volta, ho ceduto il mio posto in basso nella cabina, ha dormito sereno, gli ho lasciato il giochino dell'Happy Meal. Prendo sempre l'Happy Meal quando vado in quell'inferno di Mc Donald's, penso sempre di incontrare un bambino che ha bisogno di giocare. L'alba vista dal treno può sembrare malinconica, ma è questione di un attimo, un pensiero fugace, perché subito dopo arriva Napoli con questi grattacieli che sembrano fuori luogo ma col tempo sembrano aver fatto pace con questa città. Prima di andare al B&B mi concedo una coccola e sorrido a questa dolcezza. Vado al B&B per poggiare lo zaino, è al quinto piano. Prego il Signore e tutti i martiri del 12° giorno che ci sia l'ascensore. C'è, evviva, ma non funziona. Passa un ragazzo e chiedo spiegazioni, lui mi guarda: ma l'ascensore funziona, principessa! Si avvicina e apre le porte con un soffio (io tiravo le porte verso l'esterno anziché spingerle all'interno) e mi informa che gli ascensori di tutto il mondo si aprono verso l'interno. Ok, prima figurina di me*da napoletana portata a casa, andrà ad ingrassare la mia nutrita collezione. A mia discolpa posso dire che l'ascensore non è di ultima generazione, visto che un tempo per farlo funzionare era necessario introdurre una moneta, un ducato o un carlino, presumo. Al B&B trovo la signora che serve le colazioni che nel giro di 5 minuti mi racconta la sua vita: fa questo lavoro da anni, ha 3 figli e un marito scostumato, mi dice che domani mi servirà la colazione alle 8:00. La informo che ho preso una stanza senza colazione perché domani ho un treno per Roma alle 7:00. Inorridisce: cosa ci fai in strada alle 7:00? Una ragazza sola come te, perché non hai preso il treno dopo? Almeno mangi, perché non lo sposti quel treno? Le dico che farò colazione per strada, lei storce il naso e scuote la testa. Più tardi mi farà trovare in camera un vassoio con una colazione improvvisata, gratuita, compresi due pezzi di crostata home made. La informo che non sono esattamente una ragazza ma ho 51 anni (trasale con un Maronn 'o Carmine, si così bella e magra!). Le suggerisco una visita oculistica e la rassicuro circa il fatto che non sono un granché da scippare visto che nello zaino ho solo biancheria sporca e una macchina fotografica, mi risponde che sono "fessa" e stranamente indica il mio basso ventre. Più tardi Alessia mi tradurrà quella frase con: più che la macchina fotografica taluni potrebbero essere interessati alla tua patata. Ohibò che fessa! Vado nel centro storico e mi fermo alla chiesa di San Gennaro. Ho bisogno di tempo, del mio tempo. Mi siedo e rimango lì quasi un'ora, comparirò in tutte le foto dei turisti che fotografavano la facciata. Mi perdo nel suono del dialetto, nel via vai di gente, delle guide turistiche e delle coppie che si baciano tenendosi per mano. Ricevo una telefonata di lavoro: chi chiama un dipendente in ferie andrà nel peggior girone dell'inferno dantesco, di questo ne sono certa. Vado a Spaccanapoli e capisco che il Napoli ha vinto lo scudetto. Incredibile, questa notizia mi giunge nuova, non avevo appreso di questa vittoria festeggiata in maniera così morigerata e discreta. Mi fermo in un negozio e compro dei ciondoli artigianali, il signore mi chiede da dove vengo e alla mia risposta fa la cronistoria delle varie conquiste sarde, borboniche e dei Savoia. Anche lui mi racconta la sua vita. Mi chiede di fare un selfie "così quando lo riguardi ti ricordi di me". Continua a parlare, mi regala un cornetto portafortuna "vale per un anno, poi devi tornare, perché scade come la mozzarella", quindi esce fuori e gesticolando mi indica tutte le strade che dovrei fare per assaporare la vera Napoli, come se tutto fosse dietro l'angolo, e mi raccomando vai al Vomero e sali a Sant'Elmo! Capisci tutta Napoli da lassù. Lo lascio con un abbraccio e la promessa di tornare a riprendermi la fortuna. Mi perdo, come sempre mi perdo nelle città che mi accolgono e mi fanno sentire a casa, tra cornetti appesi nel cielo e carta da sprecare in una qualsiasi defecatio vespertina. Cammino tanto e non ricordo i nomi delle vie ma solo i colori e gli abbracci nascosti sotto al portone. Vada a finire ai quartieri spagnoli dove il cielo lo puoi vedere a spicchi oppure in una piazza festosa e colorata. E se non si fosse capito qua c'è il culto di Maradona: le magliette di Diego, il suo viso, la sua sagoma, sono ad ogni angolo, sotto al grande murale che ricopre una facciata intera c'è una sorta di santuario. Ragazzi, forse questa cosa vi sta sfuggendo di mano, no? Lascio i quartieri spagnoli e torno a casa con la metro Toledo. La sua stazione è stata giudicata come la più bella d'Europa: sa di mare, sa di casa. Nel tragitto una donna nota un mio braccialetto arcobaleno, sorride nel guardarlo e attacca bottone giudicando la mia macchina fotografica come "interessante" (le macchine fotografiche possono essere interessanti?). Non capisco mai quando le donne ci provano con me, di fatto questa bella donna deve aver intuito che vivo ancora nel paese degli ippopotami rosa che volano, e con pochi preamboli mi chiede se sono da sola e se stasera può portarmi a mangiare "le cose bbuone di Napoli, senza impegni eh, così per passà a serata". Declino l'invito, le sorrido prima di scendere, sentendomi spogliata con gli occhi e diventando rossa come un pomodoro del Piennolo. In camera cerco qualcosa che non trovo, aspetto che il tempo mi scorra addosso mentre riordino i pensieri. Ma ho un appuntamento con Alessia: finalmente riusciamo a fumare una sigaretta insieme e a parlare di noi e delle pieghe che la Vita ci fa prendere. Ovviamente arrivo in ritardo perché mi sono persa a sognare, e poi sbagliavo a comprare il biglietto della metro, sbagliavo direzione e sbagliavo uscita. Ma Alessia sembra non dare molta importanza ai ritardi. Le dico che andrò al Vomero, come mi aveva detto quel signore dei cornetti portafortuna, ci andiamo insieme con la funicolare e poi camminiamo fino a Sant'Elmo. Secondo il signore dei cornetti era tutto easy da trovare, sembrava che questo castello fosse proprio dietro la funicolare, due passi, lo trovi, si vede. Per fortuna c'era Alessia a guidarmi, visto che io ho il senso dell'orientamento di un lombrico con la labirintite. Nella biglietteria del Castello non c'è il POS ma puoi pagare con carta inquadrando un QR Code. La signora della biglietteria mi dice che è tardi, è una cosa lunga quella del QR Code, me li regala lei due biglietti altrimenti non riesco a vedere niente. Rimango stupita, come se quella donna mi avesse dato una carezza dolcissima. Cominciamo a salire, per fortuna devo smaltire la pizza fritta e le mille altre cose che ho mangiato per strada, perciò non mi lamento di quella che sembra essere l'ascesa al monte Ventoso. Ma da lassù tutto è incantevole, il Vesuvio ha una bella forma e rende tutto più morbido e sinuoso. Spaccanapoli è una striscia nera che separa la città, la divide perfettamente come una ferita chirurgica. Il Golfo di Napoli comincia a colorarsi di giallo e sogni. Sto bene, sono lassù in cima, ridiamo io e Alessia, perché in fondo ridere di sé stesse è una salvezza. Ma ho un altro appuntamento e devo correre. Alessia mi suggerisce di prendere la metro, da lì arrivo direttamente alla fermata dove incontrerò Carmen. Ma c'è qualcosa che mi confonde, chiedo ad una vecchietta se quella è la direzione giusta "si si, Garibaldi, si". Salgo sul treno così corsa che le porte si chiudono dietro me e c'è mancato poco che il tallone non rimanesse in pegno alla fermata Vanvitelli. Sono distratta, sto sognando e sorrido dentro quella metro, quasi ubriaca, finché non mi rendo conto di aver sbagliato direzione e mi ritrovo qua... E solo in quel momento ricordo che la vecchietta aveva un bastone e gli occhiali a 45 giri: ho chiesto informazioni a una quasi non vedente. Ok zia! La mia sognante distrazione mi ha portato ad acquistare un quantitativo inestimabile di biglietti sbagliati e giri immensi di metro e stazioni, il tutto per fare due semplici corse che anche Mr Bean sarebbe riuscito a fare di meglio. Ma sono in questa città meravigliosa, mangio una pizza con Carmen, parliamo e ridiamo, confrontiamo ferite e punti di vista, aspettiamo Alino e la sua guida sportiva al limite dell'ergastolo, ci salutiamo e io non so come ringraziarli di quell'abbraccio caldo e stretto. Torno in camera e sorrido: mi sono fermata a Napoli perché nel 2012 su quel treno notte il bambino che aveva pianto incessantemente per tutta la notte aveva smesso appena arrivati in questa stazione. E aveva ragione: questa città guarisce, questa gente ti abbraccia e ti regala ciò che può senza volere niente in cambio. Napoli è una medicina ed io mi sento guarita anche se ho le lacrime agli occhi ma ho capito di non avere più niente e nessuno da aspettare. Ci sono io e la mia voglia di Vivere in maniera strampalata e maiuscola.
Ehy bambino del 2012 di quel treno notte, grazie per la dritta! 

2 commenti:

  1. Come hai scritto e fotografato magnificamente, cara anima vagabonda. Saluti, Tom

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  2. Ehhhh... avrò fatto si e no una retromarcia. :) Allora na vota vieni in moto e lì si che "illegaliamo" :) (Comunque bel testo)

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