martedì 12 settembre 2023

Il mercato di Jennifer e un treno notte

Anna mi ha lasciato la sua stanza, lei ha dormito al fianco di Ciccina, la gatta che ha salvato dalla strada. Ciccina però è rimasta un po' selvaggia e con gusti tribali: snobba le sue costose cuccette e dorme nel portafrutta a fianco al divano. Ieri notte ho cercato di scrivere senza riuscirci. In compenso alle 5 del mattino ero sul balcone a fumare, contare le luci accese del palazzo di fronte, immaginare le vite dietro le finestre e a fare a pugni col mio fantasma migliore. E dopo una notte così, niente è meglio di una full immersion nel mercato di Ballarò, così ti rendi conto di quanto sei stata pirla a passare una notte in bianco pensando alla teoria di Yang-Mills, quando bastava avere un panino panelle e crocchè per essere felice. Il fumo che mi accoglie dietro l'angolo è delizioso, non so cosa stia cucinando il tizio avvolto negli effluvi ma vedo che balla, ride e urla, ergo sarà roba buona. Lo ricordo bene questo mercato: la prima volta ci andai con un vestitino estivo... credo di aver ricevuto più proposte di matrimonio in quel giorno che a tutte le sagre della patata a cui ho partecipato finora. E comunque, per restare in tema patata, qua sono generose e te la danno a chili. E se in Francia ho mangiato les escargot, qua devo fare esercizi di logopedia e chiedere babbaluci, che sembra la formula magica di un cartone animato Però potrei cucinare babbaluci da ciucciare allegramente come allenamento e preambolo in una serata romantica. I banchi del pesce sono quelli più vocianti, arguisco che l'espressione "non siamo al mercato del pesce" abbia origine proprio qua. A Ballarò ci sono chef che Cracco scansati, le norme HCCP perfettamente rispettate e la cottura è fatta secondo i canoni delle moderne cucine. Però le stigghiole vengono buone lo stesso, anche su una griglia che ha più anni del nuraghe di Santu Antine e piú grasso incrostato di quanto ve ne sia nei cingoli di una ruspa Komatsu. Si mangia al mercato, un banco colorato e allegro, un ragazzo che ha il potere di vendere borse d'acqua calda nel deserto di Atacama indica un tavolino spartano e poi chatta  Facciamo una cosa leggera? E perché la parmigiana mica è pesante, il fritto si scioglie nel pomodoro!
E la caponata si, è fritta ma tanto va lasciata sgocciolare, l'olio si perde! E poi il fritto misto non fa male, il pesce è fresco, è sano, è una frittura leggera. Al termine del pranzo ho sentito il mio fegato chiedere una vertenza sindacale per gli straordinari di questi giorni. Ma il bello del pranzo è stato il contorno. Dalla cassa di uno stereo improbabile uscivano, senza soluzione di continuità, le note discutibili di canzoni neo melodiche, Michael Jackson e Annalisa. Così, random. Il posticino a modo è gestito da una famiglia allegra e, manco a dirlo, vociante. Ho finito il pranzo che avevo la testa che suonava come ad un concerto di tamburi Taiko. Lo zio pulisce i tavoli e sparecchia, la nonna cucina, la mamma frigge, lo zio arrostisce, ma il pezzo forte è lei: Jennifer. Con il suo tipico nome palermitano, Jennifer bacchetta tutti i membri della famiglia "zio sparecchia! Papà le stigghiole, Carmè falli sedere là, Giusè chi camurria chista musica, abbassa!". Le dico che è molto brava, si mette in posa per una foto, le dico che finirà sul mio blog, esulta, wow che bello, grazie! Certo, si scorda di portare il caffè ad Anna, per avere il conto fa due giri di giostra fra le sedie, tre bestemmie ai fratelli e infine arriva e fa il calcolo a mente, contemporaneamente lancia uno sfincione sul tavolo di due inglesine con le efelidi. Lascio Ballarò e i suoi colori un po' vintage,
sorrido e mi sento in pace con questa città. Ora so di poterci tornare senza quel groppo alla gola che mi assaliva solo a sentirne il nome. Nel pomeriggio sento il bisogno di piangere: stasera ho un treno notte da prendere, lo stesso che presi nel 2012, ho scelto lo stesso posto, la stessa carrozza voglio che un altro ricordo sepellisca quello precedente. Ho un nodo alla gola e la paura di non farcela. Mi ritrovo accanto chi non mi aspettavo, che mi tende la mano e sa far nascere da una manciata di lacrime una risata fragorosa. Anna mi porta in stazione con un certo anticipo... Giusto quell'ora e mezza grassa che mi separa dal fischio di un treno, dettagli. Ma ho bisogno di riordinare i pensieri, di esorcizzare un fantasma e lo faccio da sola. È il 2012, ho un trolley sgangherato, attraverso strade colorate da panni stesi,ho un treno notte da prendere, parte alle 21:10, non voglio che mi accompagni nessuno.
Dietro di me le case fatiscenti, salgo sul treno con la gola che graffia come se avessi ingoiato un rotolo di carta vetrata. Ho gli occhi gonfi e rossi mentre cerco il posto 31, una cabina per sole donne, cuccetta in basso. Sale una mamma con un bambino piccolo, un anno forse. Piange, il bambino piange, la mamma ha il posto in alto, sopra di me. Il bambino ha paura, cedo il posto anche se il bambino continuerà a piangere per tutta la notte. Passerò la notte in corridoio con la colonna sonora di un bambino disperato che scenderà a Napoli, e che mi farà compagnia con le sue lacrime che si mescolano alle mie. Sono passati 11 anni e ancora ricordo tutto. E come allora mi ritrovo a pensare con tenerezza a questa città che si "azzizza" e agli angoli delle strade può vendere fichi d'India o rotoloni di carta.
dove un cestino svolazzante è più funzionale di un ascensore e di DeliverooE come allora devo dare una mano a una signora sola che non riesce a portare su le valige. Signora mia però, la prossima volta nel sacchetto qualche caciocavallo in meno, grazie. Ma per fortuna sono sola nella cabina, non c'è nessun bambino che... Mamma, proprio pedagogista dovevi farmi? Proprio un bambino nella mia cabina? Davvero?! È uno scherzo? È indovina chi deve dormire nella cuccetta in alto, zio cantante? Il bambino però è dolcissimo, ha 7 anni, non piange, gli piace la matematica, la mamma è giovane, simpatica, mi chiede se ho figli perché sei proprio brava come mamma, fatti un figlio che è bello! E poi dormono tutti, io non ho sonno, ho solo da aspettare che il treno mi porti a Napoli: c'era un bambino che piangeva e ha smesso appena è arrivato nella sua città di mare e Vesuvio. Lo farò anche io: magari smetterò di farmi masturbazioni cervellotiche davanti ad una pizza fritta! Guardo fuori dal finestrino, mi ripeto "sono un giocatore di Subbuteo, cado e rimango sempre in piedi". Che gioco dimmerda però il Subbuteo, no? Non potevo nascere pedina di Monopoli che almeno avevo un bordello di soldi? 

1 commento:

  1. Che trip fantastico fisico e metafisico. Esorcizzante elettrizzante. Comincio un po' a conoscerti riga dopo riga foto dopo foto emozione dopo emozione. Sei forte e più che subbuteo Ercolino sempreinpiedi

    RispondiElimina