venerdì 21 febbraio 2020

Coast to coast fino a Venezia. O forse no.

I viaggi sono un po' come la vita: si va avanti cercando di cogliere il meglio, consapevoli di perdere qualcosa nel tragitto e con la speranza di tenersi strette le cose che si hanno. Stamattina ho lasciato Óbidos, piccolo posto incantato, con le lancette del tempo spezzate e l'odore di Ginjia. Ho fatto la strada statale, partendo dalla costa e precisamente da Peniche, proseguendo per Baleal e avanti per tutta la costa. Mi affascina l'oceano, quelle onde gigantesche e impetuose, coi surfisti che le rincorrono e che si buttano dentro come pesci mancati. Io rimango a riva, li guardo ammirata e sorrido di me stessa e delle mie paure. A Cabo Carvoeiro mi sono fermata a guardare le falesie che spuntavano dal mare come fiori, ho passeggiato lasciando che il vento si portasse via tutto ciò che avevo. In verità pensavo mi portasse via anche il piloro e il colore dei capelli ma ora mi rendo conto che sono intatta. Anche stamattina ho sbagliato scarpe: avevo intenzione di fare una passeggiata semplice e ho messo le scarpe da running, ovviamente mi sono ritrovata su sentieri di sassi scoscesi e ripidi, e mentre ho rischiato di prendere una decina di culate pensavo a quanto sono belle quelle scarpe da trekking chiuse dentro la valigia, là in macchina. Ho proseguito e sono arrivata ad Aveiro e mi fermo qua questa notte. Non vorrei destare le ire dei connazionali ma Aveiro è definita "la Venezia del Portogallo". Ora, è risaputo che i portoghesi hanno molta fantasia e sono dei burloni, di fatto Aveiro è una bellissima città ma fra lei e Venezia c'è una distanza siderale quanto quella esistente fra un dromedario del Sahara e una tricheco della Groenlandia. Ma è una bella città dove si mangia divinamente, la gente è sorridente e al centro di essa c'è un corso d'acqua dove galleggiano delle imbarcazioni simili alle gondole ma a motore. Non m'importa del paragone sfortunato, mi basta averla vista alla luce del tramonto e aver camminato sorridendo insieme alla mia compagna di viaggio. Perché questa è la vita: delle cose che hai perso ne conservi il ricordo come un tesoro, di quelle che hai a fianco e fra le mani ne fai la tua ricchezza. 

1 commento:

  1. "Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti".

    (Quando mi impegno a fare il serio cito Pavese. Oh, funziona eh, per 28 secondi funziona).

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