martedì 18 febbraio 2020

L'oceano da mangiare.

Stamattina mi sono svegliata alle 5:00, e di come io riesca ad alzarmi all'alba quando sono in ferie mentre quando vado a lavoro non mi sveglia neanche il traffico aereo di Sigonella, rimane un mistero che solo Giacobbo sa. E rimane un mistero insoluto anche il fatto che quando sono in ferie faccio colazione come un brontosauro mentre a casa esco con mezzo sorso d'acqua e uno snack in tasca. Comunque subito dopo aver mangiato una carriola di cibo, mi sono lasciata alle spalle Faro per arrivare a Lagoa dove ho preso un motoscafo per vedere quella parte di costa da un'altra angolazione. Mai scelta fu più azzeccata: mi sono riempita di mare, salsedine, grandezza, colore, sole e immensità.
 Ho scattato centinaia di foto ma mi sembravano sempre poche, pertanto quando sono tornata a riva ho fatto il percorso a ritroso...ma a piedi.
 E son rimasta senza fiato, eh no, non per la lunghissima passeggiata ma perché l'orizzonte era puro ed elegante come una regina d'altri tempi, maestoso e avvolgente come una coperta che scalda il mondo intero. 
Sono risalita in auto e ho inseguito la costa fino ad arrivare a Cabo Sao Vicente, il punto più a Sud del continente europeo. E davanti a quel faro, col rumore delle onde che copriva ogni altra cosa, sono rimasta senza parole: il vento me le portava via, insieme ai pensieri e a qualche dolore. E mi sono accorta che erano le 18:00 e ancora non avevo pranzato ma non avevo fame: l'oceano mi aveva saziato con i suoi colori e la sua musica che ancora mi tuona dentro. E lo sento ancora che mi culla in questo pezzo di mondo consumato dal vento e dall'acqua. 

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